Rating e mercati globali, da dove arrivano i pericoli per l’Italia
–di Morya Longo
Quando il gioco si fa duro, si diceva una volta, i duri cominciano a giocare. Proprio ora che le Borse mondiali sembrano farsi dure davvero (Wall Street ha perso il 9% dai massimi toccati il 3 ottobre), non è dunque positivo farsi trovare già indeboliti sui mercati.
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Anche se la decisione di Standard & Poor’s non è così negativa (i mercati scontavano addirittura un declassamento del rating e non solo il cambio dell’outlook), anche se il dialogo con Bruxelles portasse a un accordo sulla manovra (come tutti si augurano), anche se molti esponenti del Governo continuano a ripetere che l’Italia non vuole uscire dall’euro, inizia a materializzarsi quel rischio esterno che nessuno vorrebbe vedere in questa delicata fase: cioè che siano i mercati internazionali a farsi davvero duri e a contagiare in qualche modo la già turbolenta Italia. Come è già accaduto in passato: quando scoppia la bufera finanziaria è meglio non fare la parte del vaso di coccio.
Bene inteso: lo scrollone delle Borse globali di questi giorni può non essere nulla di che. Tra gli analisti ci si interroga se questi tracolli, dall’Asia agli Stati Uniti, siano strutturali oppure siano solo una sana correzione. Ma a prescindere dalla risposta (le opinioni sono varie), il pericolo è che l’Italia risulti comunque vittima di questo scrollone generale globale: perché alla turbolenza finanziaria tutta nostrana (spread già elevato, banche già in caduta) ora rischia di sommarsene un’altra importata ma non meno dannosa.
Se le Borse cadono in tutto il mondo (Italia inclusa) sarà ancora più difficile per le banche realizzare eventuali aumenti di capitale, o cedere crediti in sofferenza, o emettere obbligazioni per finanziare il loro fabbisogno. Se le Borse cadono e aumenta la cosiddetta avversione al rischio, l’Italia (che a torto o a ragione in questo periodo è percepita rischiosa sui mercati) potrebbe entrare nel club di ciò che agli investitori non piace. Più di quanto non lo sia già. E a quel punto a poco varrebbe dire che i mercati si sbagliano o non capiscono: perché se è vero che i mercati spesso sbagliano le diagnosi, è anche vero che – anche se hanno torto – possono fare male lo stesso.
ILSOLE24ORE