Di Maio all’angolo per il gasdotto Tap

di ELENA G. POLIDORI

Roma, 28 ottobre 2018 – Luigi Di Maio “non sapeva”. “Non sapevo che sulla Tap c’erano delle penali da pagare – sostiene – l’ho scoperto una volta diventato ministro”. Ma la fronda interna lo contesta duramente e lo isola. La Tap sta diventando la saponetta su cui scivola, rovinosamente verso il basso, la leadership del vicepremier stellato. In video postati sui social e diffusi in chat dai No Tap si vedono attivisti che strappano le tessere elettorali e le lanciano a brandelli come fossero coriandoli. “Non avrete più il nostro voto!”, scrive una donna riferendosi al M5S. Così dopo la rivolta della base grillina in Puglia, ieri Di Maio, in visita in Sicilia, ha provato ad uscire dall’angolo in cui è finito dopo il sì del governo al gasdotto che porterà il gas dall’Azerbaigian in Puglia. “Vi posso assicurare che non è semplice dover dire che ci sono delle penali per quasi 20 miliardi – ha spiegato – ma è così, altrimenti avremmo agito diversamente”.

Scuse che non sono state digerite dai parlamentari pugliesi a 5 stelle, i senatori Lello Ciampolillo e Saverio De Bonis e la deputata Sara Cunial, che a loro volta hanno attaccato alzo zero il leader e il premier Conte: “Non ci possono essere penali – hanno replicato – semplicemente perché non esiste alcun contratto tra Stato e Tap”. Come confermato anche dall’ex ministro Calenda (“Non é vero, mente”), Stamani i No Tap si incontreranno sul lungomare di San Foca, proprio davanti alla Torre simbolo delle battaglie del Movimento e vicina al punto di approdo dell’infrastruttura, per indire una “mobilitazione generale contro il governo Conte”.

La Tap, dunque. Ultima di una serie di grane da cui la leadership politica di Di Maio esce in ginocchio, mentre emerge un’altra ‘disattenzione’ sullo scudo fiscale estero, scoperto sempre in grande ritardo ma su cui, giura, “faremo modifiche in Parlamento”.  Ci mancava solo questa. Dopo il condono di Ischia, e quello fiscale, anche sulla Tav la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha fatto chiaramente capire di non voler seguire la “giravolta” del governo sul tema, per non parlare dell’ultima grana esplosa l’altro giorno in Parlamento, quando la presidente della commissione Finanze della Camera, la storica grillina Carla Ruocco, vicina a Roberto Fico, e il potente senatore Elio Lannutti, hanno aperto la fronda sostenendo che la manovracontraddice non solo le tante promesse fatte in campagna elettorale dai grillini, ma gli stessi principi fondatori. Oltreché impallinare il decreto fiscale voluto dalla Lega.

Come è successo, d’altra parte, quando il senatore Gregorio De Falco, insieme a Paola Nugnes e a Elena Fattori, hanno detto un secco no ad alcune delle norme contenute nel decreto sicurezza, rifiutandosi di ritirare gli emendamenti tesi a stravolgere il provvedimento voluto da Salvini. Un accerchiamento, insomma, intorno a Di Maio, per il quale sembra ogni giorno più complicato conciliare le responsabilità di governo con i punti del programma grillino. Nel mirino finisce persino Alessandro Di Battista, che in molti vorrebbero veder succedere presto a Di Maio, ma che sulla Tap disse: “Col M5S al governo quest’opera in due settimane non si farà più”. Ora il Movimento No Tap vuole addirittura far dimettere tutti gli esponenti del M5S eletti in Salento grazie ai voti della protesta anti gasdotto, mentre incombe la possibile condanna della sindaca di Roma,Virginia Raggi per falso, una sentenza che sarebbe quasi il colpo di grazia per un leader come Di Maio, sempre più solo e sempre più fragile.

QN.NET

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