Anche i “rider” contro Luigi: ci ha presi in giro

Roma – Luigi Di Maio, appena arrivato al ministero dello Sviluppo economico, aveva scelto proprio loro per il primo incontro nella sua nuova veste.

I rider, i «ciclofattorini» delle multinazionali del cibo a domicilio come Foodora, Deliveroo, Glovo e Just Eat, sembravano al centro dei pensieri del vicepremier grillino. «Oggi inizia il percorso per avere un lavoro meno precario – diceva Di Maio accogliendo i rider di Bologna nella sede di via Veneto – che abbia un salario minimo orario, questo è il primo atto di un ministero che vuole tutelare le fasce più deboli».

Dopo quella riunione, iniziano gli annunci sul primo atto del capo politico M5s: il «decreto Dignità», al cui centro ci sarebbero dovuti essere proprio i problemi dei rider. Passa qualche giorno, siamo alla fine di giugno, ed arriva la prima doccia fredda per i «fattorini». Nessuna modifica ai contratti e alle condizioni di lavoro dell’esercito di giovani che, a cottimo e tramite una app online, consegnano cibo a domicilio in sella a una bicicletta o a un motorino. Un simbolo perfetto della precarietà della cosiddetta gig economy.

Per loro niente «decreto Dignità» e prime proteste dei sindacati auto organizzati. Pesano sull’esclusione dalla legge le minacce di uscita dal mercato italiano da parte delle società di food delivery.

Così Di Maio, desideroso di diventare il portabandiera di una generazione, tenta un’altra strada, quella della «concertazione». Un tavolo tra aziende e sindacati coordinato dal ministero. Con l’obiettivo della sottoscrizione di un «contratto nazionale» dei rider e del loro riconoscimento come lavoratori subordinati. L’ultimo incontro è dell’11 settembre. Da allora, il silenzio.

I rider di Bologna hanno attaccato tramite un post su Facebook. «Che fine ha fatto il tavolo? – accusano – siamo stanchi di attendere!». Quindi il paragone con le altre promesse da campagna elettorale non mantenute dal M5s: «Come gli abitanti delle coste salentine o delle periferie di Taranto, come gli studenti che si mobilitano ma che non trovano una corrispondenza tra le aperture di Di Maio e il testo della manovra di bilancio, anche noi oggi ci sentiamo abbandonati e presi in giro da un governo sempre più debole con i forti e forte con i deboli».

IL GIORNALE

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