Torino diventa No Tav, rivolta anti-M5S

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Tap sì, Terzo Valico sì, Tav forse no. Il ripensamento globale delle grandi opere fondamentale per la base Cinque Stelle e al centro di un braccio di ferro sempre meno amichevole con la Lega oggi vive una giornata importante. Se tutto andrà come previsto Torino, una delle due città simbolo della Tav si sfilerà e voterà un ordine del giorno per chiedere al governo di destinare i soldi della Torino-Lione alla viabilità del territorio. Una scelta che farebbe indossare al capoluogo piemontese, storico baluardo del Sì, la maglia dei «No Tav». Una decisione senza ricadute concrete ma politicamente dirompente. Non è una sorpresa perché Chiara Appendino è No Tav da sempre, ma la probabile scelta del Consiglio comunale spacca la città. Sapere che la sindaca è No Tav è un conto, vedere che questa scelta viene presa a nome di tutta Torino un altro.

Appendino oggi non sarà in Consiglio è in missione a Dubai alla ricerca di investitori. Non certo un’assenza improvvisa così resta il dubbio che sia stata una scelta strategica. Vani i tentativi dell’opposizione di rinviare la discussione in una data che garantisse la presenza della sindaca. Appendino non ci sarà ma tutto il mondo produttivo torinese sì. Per la prima volta nella storia della città tutte le categorie economiche scendono in campo contro il Comune.

Corrado Alberto (presidente Api), Dario Gallina (presidente Unione Industriale), Giorgio Marsiaj (presidente Amma), Maria Luisa Coppa (presidente Confcommercio), Giancarlo Banchieri (Confesercenti), Dino de Santis (Confartigianato), Andrea Talaia (Cna), Antonio Mattio (Ance) e Alessandro Frascarolo (Confapi) saranno in Consiglio comunale per ribadire che quel voto No Tav non li rappresenta e non rappresenta la città: «L’approvazione – spiegano congiuntamente i presidenti delle Associazioni d’impresa torinesi – sarebbe un atto gravissimo dal punto di vista politico e istituzionale. Significherebbe dire no a un territorio aperto all’Europa, più competitivo e più efficiente. Non è possibile tarpare così le possibilità di crescita del nostro sistema economico. La Torino-Lione non è un capriccio di pochi, ma un investimento per il futuro di tutti». E fuori dal palazzo ci saranno anche i sindacati a fare un volantinaggio «Sì Tav». Un no senza precedenti alle scelte politiche dei Cinque Stelle che governano la città.

 

Le categorie economiche temono che i grillini vogliano lo scalpo della Tav ad ogni costo. Timori che trovano conferme a Roma. «Se facciamo la Tav implode il Movimento». Luigi Di Maio incontra Matteo Salvini a Palazzo Chigi mentre a migliaia di chilometri, in Puglia, attivisti No Tap bruciano le bandiere del M5S, svelando la fragilità della propaganda pre-elettorale dello stesso. Alla luce di quanto sta accadendo sul gasdotto pugliese, sulla giravolta che imbarazza lui, Beppe Grillo e Alessandro Di Battista, Di Maio cerca di rappresentare a Salvini la Torino-Lione come un crocevia fondamentale per il futuro a breve dei 5 Stelle. Dopo Ilva, dopo Tap, rimangiarsi anche la storica e identitaria battaglia contro la Tav, spiega al leghista, lo metterebbe in seria difficoltà e potrebbe avere conseguenze serie sulla tenuta della maggioranza. D’altronde, Di Maio in queste settimane ha ribadito a diversi parlamentari che «troveremo un modo» ma «alla fine la Tav non si farà».

 

Tutto sembra restare in sospeso, la parola definitiva rimandata alla famosa analisi costi-benefici. E anche Salvini per prendere tempo con i suoi, che invece insistono per realizzare la Tav, sta cercando una formula di compromesso. Sa che la Tav servirebbe a Di Maio per riequilibrare il M5S, ma, dice, «Non dico sì o no per aiutare politicamente qualcuno. La mia posizione è: se serve si fa. La Lega non ha posizioni preconcette, facciamo le cose che servono a prescindere da quello che si è detto o si è promesso». Un messaggio dalla doppia lettura: diretto a Di Maio che va ripetendo che non a caso nel contratto sull’Alta velocità piemontese «non c’era alcun impegno previsto», ma anche per prepararsi alla probabile bocciatura del M5S al governo, e cercare di prenderne il più possibile le distanze. Come a dire: se dicono che non serve, ci sto, ma se ne assumano altri la responsabilità.

LA STAMPA

 

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