Paradosso Di Maio: inaugura la Tav merci
Roma – Luigi di Maio e il M5s sono ormai nel pallone tra bugie, giravolte e penali inventate.
Mentre a Torino, assente la sindaca grillina Chiara Appendino, i consiglieri (M5s) votano (con la benedizione di Di Maio) una mozione per il blocco del cantiere Tav Torino-Lione, a Marcianise, in Campania, il vicepremier elogia il modello dell’alta velocità, smentendo sé stesso e il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Dalla cittadina in provincia di Caserta, Di Maio, arrivato per la presentazione di Mercitalia Fast, il nuovo treno ad alta velocità adibito per il trasporto merci, afferma: «Con la nostra presenza qui oggi dimostriamo che il governo non è contrario all’altà velocità».
Eppure il capo politico del M5s fa parte di quel governo che ha affidato a Marco Ponti, decano dell’Economia dei trasporti, il coordinamento della struttura tecnica sull’analisi costi-benefici sulla linea dell’alta velocità in Val di Susa. Ponti è uno sostenitore del trasporto su gomma e autore del libro Solo Andata: un processo contro il trasporto su ferro e gli sprechi all’interno di Fs. Dunque, appariva scontata la bocciatura del progetto Tav: stop su cui è d’accordo anche Di Maio. Ma il ministro appena si allontana da Torino non perde occasione per elogiare l’alta velocità. Che tanto sarà possibile in quanto negli anni Novanta lo Stato ha permesso la realizzazione delle linee, schierando l’esercito in difesa dei cantieri. E non si comprende perché per il vicepremier l’identica opera a Marcianise è un modello di innovazione, mentre a Torino, forse per un mero interesse elettorale e per tamponare le proteste di parlamentari e attivisti dopo il via libera al Tap in Puglia, diventa un mostro di spreco e inutilità. E anche quando Di Maio parla del Tap, tirando in ballo le penali, cade in un’altra contraddizione. La prima: non esistono penali. Né in Puglia per il Tap né a Torino per la Tav. Che non esistano, l’ha chiarito anche il premier Giuseppe Conte prefigurando «un rischio contenzioso». Lo stop al gasdotto pugliese spingerebbe le aziende ad intraprendere un’azione di risarcimento danni contro il governo italiano. E in ogni caso i danni andranno stabiliti successivamente: compito che non spetterà né a Di Maio né alle aziende danneggiate ma a un giudice. Eppure, dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, il governo gialloverde non si è preoccupato di eventuali penali (inventate) o richieste di danni per la revoca della concessione ai Benetton.
Per il vicepremier Di Maio ci sono, dunque, penali e penali: impossibile bloccare il Tap in Puglia mentre il governo può accollarsi i costi per la mancata prosecuzione dei lavori della Tav. Il commissario del governo per l’asse ferroviario Torino-Lione Paolo Foietta ha stimato che lo stop dei cantieri «costerà all’Italia più di due miliardi di euro». Cui va aggiunto un danno incalcolabile: la perdita di credibilità internazionale. Aspetti che, evidentemente, non interessano al leader grillino.
IL GIORNALE