Lo spread resta una mina vagante, super crescita e manovra non convincono. Dalle banche l’alert al governo

I toni saranno diversi e sfumati tra di loro, ma ci sono due considerazioni comuni di peso che domani, in occasione della Giornata del risparmio – la vetrina del mondo bancario – balzeranno fuori dalle relazioni di Bankitalia, Abi e delle Fondazioni. Lo spread innanzitutto: preoccupa, resta mina vagante e soprattutto può mettere in grande sofferenza le banche più piccoli e fragili. È un alert che sarà lanciato al governo e sarà il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che interverrà subito dopo, a vederselo recapitare in presa diretta. Nel giorno in cui in Parlamento è attesa la manovra che ha già suscitato forti critiche. E poi ci sarà lo smontaggio della teoria della super crescita che Lega e 5 Stelle hanno posto alla base della legge di bilancio: scetticismo, rischi sui conti e per la salute dell’economia.

Sfumature diverse, si diceva, perché nelle relazioni che si stanno preparando in queste ore per il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e per i presidenti di Abi, Antonio Patuelli, e dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, gli accenti andranno a collocarsi nei rispettivi ambiti di competenza. A via Nazionale, secondo quanto apprende Huffpost, il ragionamento che prende piede è quello di porre più di un dubbio sull’automatismo caro al governo e cioè che le misure della manovra, a iniziare dal reddito di cittadinanza e dalla quota 100, avranno un impatto positivamente irruento sul Pil. Il 9 ottobre, in occasione dell’audizione in Parlamento del vicedirettore generale Luigi Federico Signorini, palazzo Koch aveva parlato di effetti “modesti e graduali”, denunciando l’assenza dei dettagli. Il quadro, ora, è quasi definitivo e l’accento di Visco potrebbe essere per questo ancora più incisivo nel taglio critico scelto.

Altro passaggio chiave di Visco dovrebbe essere quello legato alla considerazione che uno spread sui livelli alti delle ultime settimane, sopra i 300 punti base, preoccupa parecchio. Il sistema bancario – è il ragionamento – regge anche grazie alle ricapitalizzazioni degli anni scorsi e può quindi affrontare questa altalena, ma se si va oltre allora occhio alle banche più piccole perché potrebbero cominciare a soffrire. Lo scenario delineato negli ultimi giorni dagli analisti in riferimento agli istituti più fragili – Mps e Carige in testa – parla chiaro e prospetta una situazione piena di insidie, cioè la caccia sui mercati per trovare nuovo capitale necessario alla sopravvivenza. C’è il Fondo salva-risparmi da 20 miliardi (5 dei quali già usati per l’intervento pubblico di salvataggio del Monte dei Paschi), ma la prudenza è d’obbligo. Le avvertenze ruotano intorno alla considerazione che non è possibile attingervi liberamente: ci sono le regole europee sugli aiuti di Stato e c’è una lettera dell’Europa, datata 2013, dove viene rimarcato il fatto che un intervento pubblico deve avere un limite e deve accompagnarsi alla partecipazione di soggetti privati. Ecco perché il mondo bancario guarda all’utilizzo del Fondo come una “ultima istanza”, contrariamente alla tendenza che si sta facendo largo tra la Lega e in altri ambienti di governo.

“Siamo sulle montagne russe”, ha riconosciuto Guzzetti, aggiungendo che per le banche non mancano incognite “già oggi con lo spread a questi livelli”, e per i “volumi importanti di debito pubblico” che detengono” e “se le banche vanno in difficoltà l’economia soffre”. Tranquillità oggi – soprattutto su Intesa Sanpaolo (“È a posto, ben patrimonializzata, non ha problemi di sofferenza), timori per un futuro che potrebbe trasformarsi presto in presente. La nuova fiammata registrata dallo spread pochi minuti dopo la pubblicazione dei dati dell’Istat sul Pil – fermo nel terzo trimestre – rende evidente l’equilibrismo sui mercati e, di conseguenza, le preoccupazioni sugli umori degli investitori sul rischio Italia da parte delle Fondazioni e non solo.

Dal palco della Giornata del risparmio, Patuelli dovrebbe invece rimarcare la netta contrarietà – già espressa nelle scorse settimane – nei confronti della stretta fiscale sulle banche che arriverà con la manovra. Una prospettiva che si vuole evitare a tutti i costi, anche per il possibile impegno a cui potrebbero essere chiamati alcuni istituti per fronteggiare la necessità di foraggiarsi. Venerdì arriva l’esito degli stress test: nessun giudizio per Mps, esclusa per la procedura ancora attiva con Bruxelles, e niente esame anche per Carige, troppo piccola per rientrare tra le 48 banche europee più grandi che sono prese in considerazione dall’Eba, l’Autorità bancaria europea. Arriverà la pagella, invece, per Intesa, UniCredit, Banco Bpm e Ubi. Senza le due situazioni più calde, le banche italiane potrebbero uscirne bene, ma con una manovra oggetto di scontro con l’Europa e a breve tra le forche caudine del Parlamento, i riflessi di una situazione instabile sui mercati potrebbero riproporsi ancora a lungo. Il mondo delle banche sa di essere il primo bersaglio e non lo nasconderà affatto.

L’HUFFPOST

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