Tav, la controffensiva di Di Maio. Tria: troppo presto per valutare
«Credo che da parte degli industriali ci sia un grande malinteso». Malinteso: è il termine utilizzato da Luigi Di Maio, che ieri ha raggiunto Torino sotto la pioggia battente, per derubricare la crescente levata di scudi del mondo economico torinese e piemontese dopo l’ordine del giorno contro la Torino-Lione approvato lunedì dal Consiglio comunale.
Lo ha fatto nell’ambito di un discorso più articolato – un contrattacco al consolidamento del fronte Sì Tav e una sponda alla sindaca Chiara Appendino, spiazzata dalla protesta – per di più nella sede della Regione Piemonte: la tana del lupo, il quartier generale dal quale Sergio Chiamparino guida la battaglia in difesa dell’opera. Poco importa se il vicepremier e ministro era in città per annunciare una temporanea soluzione alla crisi della Comital di Volpiano. Ora più che mai la Tav è il convitato di pietra di ogni confronto: per quanto la vera pietra, una pietra tombale, sembra averla deposta lo stesso Di Maio. «C’è un malinteso perchè gli industriali pensano che si vogliano togliere soldi per investimenti a Torino: questo è sbagliato, vogliamo recuperare soldi per investire laddove serve».
Parla della seconda linea della metropolitana, di nuovi sistemi di mobilità, di nuove infrastrutture cittadine. «Propaganda da quattro soldi – taglierà corto Chiamparino, arrivato in sala stampa quando il ministro se ne n’è andato -: i fondi stanziati per quest’opera non sono spostabili su altri progetti, o si usano per la Tav oppure decadono». «Nessun malinteso, spendere soldi per fare le opere può rimettere in moto l’economia», rilanciano Confindustria Piemonte e Api Torino.
Il vicepremier sembra già avere la risposta. Ricorda (e avverte) i protestatari: «Siamo stati eletti in Regione dicendo che la Tav non andava bene, Appendino è stata eletta dicendo la stessa cosa, siamo andati al governo prendendo il 33 per cento ripetendolo ancora». Il punto non è la tecnologia dell’Alta velocità: «Non siamo affatto contrari alla Napoli-Bari». Il punto è la Torino-Lione, «un’opera che si fa per spendere soldi: invece si deve spendere per fare le opere e non fare le opere per spendere». Si spinge oltre: «È un’opera per sprecare denaro e non per fare investimenti».
L’affondo non cade nel vuoto. Mentre Forza Italia attacca Di Maio – Osvaldo Napoli: «Parla a vanvera» – il ministro Toninelli annuncia che entro Natale saranno sciolte le riserve e che, una volta ottenuta l’analisi costi-benefici, la porterà alla sua omologa francese. «Invertiamo la tendenza in virtù della quale finora si usavano i soldi pubblici per fare gli interessi di qualcuno a scapito della collettività», fanno quadrato i portavoce piemontesi del M5S alla Camera e al Senato.
Di sicuro la Torino-Lione sta diventando sempre più ingombrante per l’intero esecutivo. Per il ministro dell’Economia Giovanni Tria «è prematuro quantificare gli effetti dello stop»: è lo stesso Tria che pochi giorni fa sosteneva la necessità di fare le grandi opere. Cauto Matteo Salvini, consapevole della mina sulla strada del governo: «Abbiamo sempre sostenuto la Tav ma mi sono impegnato a rispettare la valutazione costi-benefici, magari può smentire le mie convinzioni del passato. Sul gasdotto Tap ero convinto, come sulla Pedemontana e il Terzo Valico, che i benefici fossero maggiori dei costi. Sulla Tav mi aspetto altrettante certezze». Più spinta la posizione di Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera e segretario della Lega piemontese: «D’accordo sull’analisi costi-benefici, ma non deve essere messo in discussione il fatto che l’opera si realizzi».
LA STAMPA