Di Maio avverte la Lega: «Esiste un contratto, va rispettato da entrambe le parti»
di Emanuele Buzzi
Luigi Di Maio, il presidente Mattarella ha lanciato un monito severo sulla manovra.
«Quello che ha detto il presidente Mattarella è ragionevole. Il capo dello Stato sta osservando l’evolversi della situazione con molta attenzione. La sua attenzione è la nostra: anche noi teniamo alla salvaguardia degli interessi degli italiani».
Sì, però mentre il capo dello Stato invita al dialogo con la Ue, Salvini prepara la piazza. Il Movimento cosa fa?
«Noi siamo già nelle piazze da mesi a spiegare la manovra. È chiaro che con la Commissione Ue è importante avere un dialogo, ma non arretriamo di un millimetro sia per quello che c’è nel testo, sia per quello che ancora non c’è ma verrà aggiunto in Aula e mi riferisco a più soldi per la scuola, alla misura sulle pensioni d’oro e sui tagli all’editoria».
Già vi etichettano come quelli che non vogliono la stampa libera, ora tagliate pure i fondi…
«Con i tagli non stiamo dicendo che noi non vogliamo la stampa libera. Anzi. Ma la vogliamo libera prima di tutto dai finanziamenti pubblici per evitare che sia soggetta all’influenza dei partiti».
Tornando alla Ue, che compromessi siete disposti ad accettare?
«Il compromesso è comprendere tutti che le politiche di austerity non le ha superate l’Italia, ma molti altri Paesi prima di lei».
Mi scusi, ma se va così, si rischia di arrivare a sanzioni pesante se non all’ombra della troika.
«Non credo si arriverà a questo punto. Non succederà, non ci sono nemmeno i presupposti per alcune ipotesi. E sono convinto che il premier Conte e il ministro Tria sapranno spiegare alla Commissione la bontà della manovra».
Ma voi non sareste disposti a fare dei passi verso l’Unione Europea?
«Se il tema è mettere in discussione il reddito di cittadinanza o il superamento della Fornero non c’è rilievo che tenga. Specifico che ci sono ulteriori tagli agli sprechi da fare e andremo fino in fondo».
Il reddito di cittadinanza però viene messo in discussione da Giancarlo Giorgetti. Ha detto che ha complicazioni attuative non indifferenti.
«Siamo stati sempre chiari, Il reddito sarà operativo nei primi tre mesi del 2019. Se vedo un problema non è nelle risorse o nelle norme ma quando qualcuno non crede in quello che stiamo facendo. Se qualche membro del governo non crede in quello che stiamo facendo allora è un rischio per i cittadini prima di tutto».
Giorgetti ha detto anche che con la flat tax l’atteggiamento Ue e dei mercati sarebbe stato diverso.
«Hanno fatto loro una scelta politica. Sono le loro scelte per la legge di bilancio. Io sono soddisfatto delle mie, se loro non sono soddisfatti delle loro non dipende da noi».
Anche nel Movimento c’è del malessere. Le acque sul dl sicurezza non si sono placate. Che dirà in assemblea?
«Non sono situazioni nuove. Ci sono persone che pensano di detenere la verità, ma noi abbiamo firmato un contratto di governo che va rispettato da entrambi i contraenti. Penso alle prese di posizione della Lega sulla prescrizione o alle norme sulla trasparenza delle fondazioni legate ai partiti. Non so quali siano i loro problemi, io posso dire che da noi il 94% dei militanti ha votato a favore del contratto sulla piattaforma Rousseau ma c’è anche un 6% che non l’ha votato e che si riflette sul gruppo parlamentare».
Ma se alcuni senatori dovessero votare contro o uscire dall’aula?
«Io spero nel buon senso dei parlamentari di entrambe le parti».
Accetterebbe il voto di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia al Senato?
«Non ce ne è bisogno. L’obiettivo è portare avanti il governo con la maggioranza che c’è. Ovviamente poi in Aula chi vuole votare un provvedimento lo vota».
È preoccupato dai sondaggi che danno il Movimento in calo?
«No».
La decisione sul Tap avrà ricadute elettorali?
«No, non le avrà perché siamo stati sinceri e la realizzazione dell’opera non può essere imputata a noi. Con lo screening delle carte che abbiamo potuto fare solo una volta arrivati al governo, ci siamo resi conto che il prezzo da pagare sarebbe stato troppo alto».
Ma alcuni parlamentari però si erano sbilanciati in campagna elettorale.
«Le persone che hanno portato avanti la battaglia sul Tap si sono impegnate concretamente, ma poi si sono dovute arrendere al fatto che il risarcimento sarebbe stato troppo alto, praticamente una manovra economica».
Metterebbe la mano sul fuoco sul fatto che la Tav non si farà?
«Io metto la mano sul fuoco sul contratto di governo. E il contratto di governo prevede che per la Tav ci sia la ridiscussione del progetto. Abbiamo inserito proprio questa possibilità perché sapevamo che qui non ci sono rischi di risarcimento. E mi lasci dire…».
Dica.
«Io voglio precisare che noi non siamo contro l’alta velocità, ma non ritengo la Torino-Lione un’opera strategica per il Paese, mentre invece penso alla Napoli-Bari o alla Tav in Sicilia».
Come vi comporterete con il tunnel del Brennero o il Terzo Valico?
«Anche questi progetti saranno valutati in base all’analisi costi-benefici. Lo ripeto: non siamo contro le grandi opere, ma siamo contro l’idea di fare opere solo per spendere soldi».
Ha annunciato 4 miliardi di tasse su banche e assicurazioni: non teme che possano avere ricadute sul finanziamento al credito?
«No, questo calcolo è stato ponderato considerando il limite di tolleranza: se li possono permettere».
È in partenza per la Cina per la seconda volta nel giro di due mesi. Va a vendere i Btp?
«Non vado a vendere titoli di Stato, ma a chiudere accordi per i nostri agricoltori, favorire le nostre eccellenze. E spero di portare avanti anche una intesa per la via della seta: l’Italia sarebbe il primo Paese europeo a entrare».
Ha parlato della riduzione dello stipendio dei parlamentari. Come intendete agire?
«Credo che tredicimila euro di stipendio sommando le varie voci siano troppi. Credo sia necessario agire eliminando le indennità di carica e parte della diaria, come noi abbiamo già fatto senza aspettare una legge».
Tagliate gli stipendi però le vostre rendicontazioni sono ferme.
«Non è vero. Anzi. Proprio questo mese organizzeremo un restitution day. Rispetto al passato i soldi non vanno più sul fondo per il microcredito, che ormai finanziamo come governo, ma sono destinati a finanziare progetti scelti dagli iscritti per fare interventi ancor più diretti per le persone in difficoltà».
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