Piazza Affari ancora la peggiore in Europa, affondano Tim e Leonard
–di Andrea Fontana e Stefania Arcudi
L’Europa ha chiuso in rosso(Parigi -0,48%, Madrid -0,45% e Londra -0,5% circa%), con l’eccezione di Francoforte (+0,02%), all’indomani delle decisioni della Federal Reserve, che ha confermato una nuova stretta sui tassi a dicembre. Sono andati male soprattutto titoli industriali, auto e il comparto petrolifero (Saipem -5,12% ed Eni -0,76%), schiacchiato dal fatto che il Wti è scivolato temporaneamente sotto quota 60 dollari in vista del summit dell’Opec che si terrà nel weekend. Piazza Affari (-0,88%), ancora una volta la peggiore nel Vecchio Continente, ha comunque ridotto i ribassi rispetto al -1,5% toccato durante la seduta, complice il fatto che lo spread tra BTp e Bund, in precedenza tornato sopra 300 punti, ha chiuso a 299 punti. A Milano la seduta è stata orientata da una serie di trimestrali: sono andate bene le utilities, trainate da Terna (+1,31%), che ha chiuso i primi nove mesi con utile netto e ricavi in aumento, ma anche Ferragamo (+2,06%), sostenuta dal fatto che gli analisti hanno visto progressi nel terzo trimestre. Molto male invece Telecom (-4,83%), dopo la maxi svalutazione da 2 miliardi di euro degli avviamenti, e Leonardo (-8,79%), che ha confermato i target. Tuttavia secondo gli analisti occorrerà un quarto trimestre molto brillante per centrarli. I future a dicembre del Wti, in territorio “orso” e in calo superiore al 20% dal picco di ottobre, scendono dello 0,9% a 61,28 dollari, quelli del Brent a gennaio dello 0,7% a 70,16 dollari al barile. Euro in correzione, dopo essere arrivato mercoledì sopra 1,15 dollari: vale 1,1353 dollari (1,1341 in apertura e 1,1425 alla chiusura di ieri), e vale 129,095 yen, mentre il rapporto dollaro/yen è a 113,692.
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Scatto Unipol dopo conti positivi nove mesi, ko Leonardo e Fincantieri
Unipol e la sua controllata UnipolSai in controtendenza a Piazza Affari. A dare la spinta agli acquisti sui titoli del gruppo assicurativo sono i conti dei primi nove mesi del 2019, chiusi a livello consolidato con un utile netto a 843 milioni di euro, un combined ratio al 94,5% e la raccolta in salita del 5,1%. Leonardo precipita ai livelli di luglio dopo la presentazione dei conti trimestrali. Le azioni sono arrivate a perdere quasi il 10%. Nonostante i conti del III trimestre siano stati nel complesso non troppo diversi dalle aspettative, le osservazioni dei broker fanno notare che per centrare i target finanziari del 2018 (ribaditi ieri) serve un quarto trimestre particolarmente brillante. Pesante reazione in Borsa per Fincantieri a una trimestrale che ha evidenziato un andamento dei margini operativi leggermente inferiore alle attese ma anche una raccolta ordini giudicata «straordinaria» da Mediobanca Securities. Le azioni scivolano del 10% azzerando il rally messo a segno nelle ultime due settimane dal titolo. L’ebitda del III trimestre a 98 milioni è stato appena inferiore alle previsioni (il consensus era di 105) e anche i ricavi a 1,351 miliardi sono stati al di sotto delle stime medie degli analisti (1,378 miliardi).
A Madrid giù Bbva su caso Messico. Nuova revisione stime per Thyssen
Sul Ftse Mib sono in prima fila le utility (Snam, Terna, A2a) mentre tra i titoli penalizzati ci sono anche Azimut dopo la trimestrale e Prysmian che paga il crollo a Parigi della concorrente francese Nexans dopo la revisione dei propri obiettivi finanziari 2018. Nel resto d’Europa le vendite colpiscono innanzitutto i minerari, le auto e i bancari. A Madrid male Bbva: il titolo, già in tensione dopo che il governo spagnolo ha varato un decreto per riportare in capo alle banche l’onere del pagamento dell’imposta di bollo sui mutui ipotecari, è piegato dall’ipotesi di eliminazione delle commissioni bancarie in Messico dopo che una proposta di legge è stata presentata dal partito del presidente Obrador. Francoforte scende colpita dal tonfo di Thyssenkrupp dopo che il gruppo ha annunciato il secondo profit warning da luglio a causa delle necessità di fare accantonamenti per l’indagine su presunto cartello. A Parigi, male ArcelorMittal.
In Usa prezzi alla produzione al top in quasi 6 anni, cala fiducia consumatori
I prezzi alla produzione a ottobre negli Stati Uniti sono saliti al livello più alto in quasi sei anni, segno che forse l’inflazione sta accelerando. Come reso noto dal dipartimento del Lavoro americano, i prezzi alla produzione sono aumentati dello 0,6% sul mese precedente, oltre le previsioni per un rialzo dello 0,3% e pari al top del settembre 2012. Rispetto all’ottobre 2017, il dato è aumentato del 2,9%. La componente «core» – quella depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari ed energetici – è cresciuta dello 0,5%, mensile oltre il +0,3% atteso. Su base annua l’incremento è stato del 2,6%.
Invece a metà novembre gli americani si sono dimostrati meno ottimisti sull’economia rispetto a fine ottobre ma le stime degli analisti sono state battute. L’indice sulla fiducia redatto mensilmente dall’Università del Michigan si è portato a 98,3 da 98,6 punti di fine ottobre e contro i 100,1 punti di settenbre, quando c’era stata la seconda migliore lettura dal 2004. Gli analisti attendevano un dato a 97 punti; nel novembre 2017 il dato era a 98,5 punti.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)