Raggi e l’attesa sentenza: «Se condannata mi sfogo in un video e vado via in due ore»
Due ore, ma forse sono anche troppe. Il tempo di riprendersi per bene dallo choc. Abbracciare il marito ritrovato (Andrea) e il figlio (Matteo) nel loro appartamento ad Ottavia, periferia di Roma, parlare con i genitori, per poi, via, ritornare in Campidoglio. Una rampa di scale. Primo piano: Sala dell’Orologio, divanetto ocra, mani congiunte come sempre. «Sono pronta». Rec. E partirebbe il video: «Come sapete sono stata condannata, ho una sola parola, rispetto le regole del M5S e mi dimetto».
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Un video, rapido, e d’impatto da postare su tutte le piattaforme dove Virginia Raggi, la sindaca grillina della Capitale, è seguitissima: Facebook, Instagram, Twitter. Un personaggio globale. Sospirone di sollievo. Stavolta è finita sul serio, torno a fare l’avvocato – nello studio Sammarco del professor Pieremilio – e a occuparmi di contratti d’impresa, la mia specialità. Nella testa di Raggi in caso di condanna c’è questo scenario. «Non esistono piani B».
E proprio queste immagini – che un po’ potrebbero ricordare la fine dell’èra Marino se non per drammaticità almeno per logistica – sono state condivise con i pochi amici e fedelissimi che nelle ultime ore si sono scritti in chat e parlati con lei. «Ragazzi, sapete come la penso: sono innocente, ma non resterei un minuto di più». In questi due anni, disseminati da mine che avrebbero fatto saltare chiunque, Raggi ha applicato la costanza della secchiona alle cose di Roma. Si è fidata, è caduta, si è rialzata. È scomparsa e poi riemersa. Sempre con questo tormentone: «Sto lavorando». Dice chi le sta sempre vicino: «Di sicuro entrò da avvocato, ma uscirà, semmai dovesse uscire così di botto, da sindaco». Un modo per dire che tra mille cose bizzarre e gravi, nel corso dei mesi «Virgy» ha passato notti e albe chiusa lì dentro a cercare di dare risposte. Non sempre le ha trovate. Una sera, durante gli auguri di Natale in Campidoglio, si sfogò con una battuta illuminante: «Un anno qui sono come dieci per i cani».
LO STACCO
Non serve altro per capire che se il giudice dovesse riconoscerla colpevole di falso, per Raggi sarebbe quasi una liberazione, dal punto di vista personale. Fin qui è quello che pensa lei, poi ci sono una ridotta di consiglieri comunali, non più di dieci su 25, che sarebbero pronti al salto nel cerchio di fuoco: andare avanti, anche senza simbolo del M5S, per il «bene di Roma». Un’ipotesi ardita, che «al 95%» non esiste. Ma che va registrata, se è vero che Pietro Calabrese, ieri durante una pausa dell’udienza ha detto: «Comunque vada per noi non cambierebbe niente». Lo ha detto perché ci crede, è un «raggiano integralista» che per 1.500 euro al mese passa le giornate dentro riunioni eterne su buche, bus e rifiuti, ma anche a scazzottare sui social network («E allora il Pd? E allora Mafia Capitale?»). In maniera ufficiale ieri sera alle 20.50, prima di rituffarsi in una riunione fiume con i suoi legali, l’ufficio stampa della sindaca dispensava ottimismo come sale grosso sull’acqua che bolle per la pasta: «Siamo fiduciosi». O meglio: «Abbiamo ottime sensazioni». Il M5S è duro? «Giusto, c’è la consapevolezza che andrà bene ed è giusto affermare i nostri principi». Sempre ieri sera escludevano contatti diretti tra la sindaca e Beppe Grillo, tra la sindaca e Luigi Di Maio. D’altronde il leader quello che pensava lo aveva già detto di prima mattina: «Il nostro codice etico parla chiaro».
Ed è quello che sa anche Raggi, convinta di uscire indenne da questo processo, sicura di aver dato «il massimo» in queste udienze e di essersi difesa con le unghie e con i denti. Anche nell’ultimo tornante, quello che ha visto Carla Romana Raineri accusarla per quattro ore. Prima dell’interrogatorio le due si sono salutate. «Salve», si è avvicinata Raggi. «Buongiorno», le ha risposto il magistrato. Se dovesse andare bene, la sindaca cambierà tre assessori e farà partire un gran rimpasto per dare una scossa al Campidoglio per arrivare così al rush finale. E se dovesse andare bene non escludono dal Comune che Raggi si “vendichi” proprio con Raineri: prese un’indennità di 30mila euro all’anno per lo spostamento, ma ha trascorso a Roma la metà del tempo perché poi si è dimessa. Roba da Corte dei conti? «Questa la settimana prossima la voglio approfondire». Ieri sera il marito, Andrea Severini, ha scritto: «La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici: coraggio». Se andrà male, invece, ci si vedrà su Facebook.
IL MESSAGGERO