Roma, processo Raggi, assolta la sindaca dall’accusa di falso: “Sentenza spazza via due anni di fango”
di MARIA ELENA VINCENZI
Assolta la sindaca Raggi: “Il fatto c’è, ma non costituisce reato” in base all’articolo 530 comma 1 del codice di procedura penale, così ha detto il giudice Roberto Ranazzi durante la lettura della sentenza arrivata dopo meno di un’ora di camera di consiglio. Il pm aveva chiesto la condanna di 10 mesi per falso.
Alla lettura della sentenza, visibilmente commossa, ha abbracciato i tre legali, baciato il marito e stretto le mani al pm Dall’Olio e allo stesso giudice. E dichiara: “Questa sentenza spazza via due anni di fango, andiamo avanti a testa alta per la mia amata città e i miei amati cittadini”.
Caso nomine, Raggi assolta: “La sentenza spazza via due anni di fango. Avanti a testa alta”
Due anni tra denunce, indagini e processo, coincisi con la prima metà del mandato della prima cittadina M5s in cui si affidò alla fedeltà dichiarata di un burocrate di lungo corso come Raffaele Marra per orientarsi nella stanza dei bottoni del Campidoglio. Quell’ex fedelissimo dal quale è partita tutta la vicenda e da cui poi ha preso le distanze.
La richiesta formulata dalla Procura di Roma era stata di condanna, dieci mesi senza attenuanti: perchè la Raggi, sosteneva la pubblica accusa, avrebbe mentito in merito alla nomina di Renato Marra, fratello del suo allora braccio destro Raffaele, alla direzione del dipartimento Turismo del Comune di Roma. Nomina che ha comportato anche un congruo aumento di stipendio.
“A nostro avviso è pacifico che si tratti di falso ideologico in atto pubblico”, aveva scandito ieri Dall’Olio nella sua requisitoria. Il magistrato aveva anche delineato la figura di Raffaele Marra, allora capo del Personale del Campidoglio, che aveva avuto un ruolo nella nomina di suo fratello Renato a capo dell’ufficio Turismo. “In questa realtà Marra ci mette la manina, anzi no, la manona”. Il falso che avrebbe commesso la sindaca era contenuto in una sua nota all’Anticorruzione capitolina in cui si assumeva la piena paternità di quella nomina, escludendo qualsiasi ruolo dell’amico a capo del Personale.
Secondo quanto sosteneva la Procura, Raggi “mentì alla responsabile dell’Anticorruzione del Campidoglio nel dicembre del 2016” perché se avesse detto che la nomina di Renato Marra era stata gestita dal fratello Raffaele, sarebbe incorsa in un’inchiesta e “in base al codice etico allora vigente negli M5S, avrebbe dovuto dimettersi”. Da qui il presunto reato di falso. Ma oggi la Corte invece ha giudicato la vicenda in altro modo: il fatto c’è ma “non costituisce reato”.
“Attendiamo le motivazioni della sentenza per un eventuale appello”, così il pm Dall’Olio.
Prima ancora dell’avvio dell’ultima udienza prima del verdetto, Andrea Severini, marito della sindaca, aveva postato sui social insulti ai giornalisti. “Avvoltoi dalle sembianze umane”.
E un attacco alla stampa arriva subito dopo la sentenza di assoluzione anche dal capo politico M5s, Luigi Di Maio: “Infimi sciacalli”. Da Di Battista altre parole pesanti: “Giornalisti pennivendoli-puttane”. Prima del verdetto di assoluzione, il blog delle Stelle si era schierato al fianco della Raggi con una interpretazione morbida del codice etico degli M5s: “In caso di condanna le dimissioni non sono automatiche”.
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