Guerra nel governo: Salvini prova a sfruttare le difficoltà di Di Maio
I Cinque stelle, da Di Maio a Di Battista (ancora in vacanza sulle coste sudamericane) si buttano a corpo morto sull’assoluzione della sindaca Raggi, tra celebrazioni e insulti ai giornalisti «puttane», rei di aver raccontato il processo.
Ma è soprattutto una affannosa manovra diversiva, mirata a distogliere l’attenzione da un’altra città a guida (si fa per dire) grillina: da quella Torino dove ieri sono andate in scena la rivolta beneducata contro la filosofia del «no tutto» dei pentastellati, la difesa di sviluppo e grandi opere e la frattura sempre più visibile dentro la maggioranza di governo. Dopo molte incertezze, la Lega di Salvini ha annusato l’aria, ha compreso che il dissenso contro la paralisi generata dal governo si allarga e – all’ultimo istante, venerdì sera – ha deciso di mettere anche il proprio cappello sulla piazza anti-Appendino e pro-Tav di Torino. Così, nella folla di piazza Castello c’era anche una delegazione di parlamentari piemontesi del Carroccio, fianco a fianco con gli esponenti del Pd e di Forza Italia, che da subito avevano appoggiato la mobilitazione. E Salvini, che pure in passato aveva provato ad accarezzare il pelo dei vari movimenti «noisti», ieri ha tagliato corto: certo, nel «contratto» di governo c’è «l’analisi dei costi-benefici, e aspettiamo i risultati», ma «io sono convinto che un’opera cominciata è sempre meglio finirla». La Tav va fatta, insomma. Poi ha benedetto i manifestanti: «È sempre bello quando c’è la gente che scende in piazza e si dedica alla comunità».
E non è l’unico segnale di rottura inviato agli alleati su questi temi: oggi a Roma si vota il referendum sui trasporti Atac e la loro dissennata gestione pubblica, promosso dai Radicali e appoggiato da Pd e Forza Italia. I M5s stanno facendo di tutto per boicottare la consultazione e silenziare il dibattito, per evitare che i romani votino e il quorum sia raggiunto. E Salvini si mette di traverso: «Da ministro non voglio interferire, ma io andrei a votare, e invito tutti a farlo». Poi una frecciatina alla Raggi: «Bene l’assoluzione. Ora però devono giudicarla i romani…».
Se non è guerra aperta, poco ci manca. Gli alleati grillini sono in palese difficoltà, stretti tra le difficili responsabilità di governo (annullare un’opera come la Tav avrebbe costi colossali) e le contestazioni di una base già inviperita per i cedimenti su Tap e Ilva, che li accusa di essere ostaggi di Salvini e di rimangiarsi ogni promessa elettorale. Di Maio tenta allora di spostare l’attenzione dalla scivolosissima Tav, su cui il ministro Toninelli ha fatto l’ennesima figuraccia: la commissione di valutazione da lui annunciata 4 mesi fa, e che dovrebbe dare il verdetto sull’opera entro novembre, non è stata ancora nominata e non si è mai riunita. Così il vicepremier cambia grande opera, e mette nel mirino la Pedemontana: «Purtroppo è un grande problema dal punto di vista economico e ambientale e desta forti perplessità», dice, ben sapendo che il completamento della superstrada tra Vicenza a Treviso è un progetto assai caro alla Lega. Tanto che il governatore leghista Luca Zaia si è più volte scontrato col ministro Toninelli, che a giorni alterni ne minaccia la sospensione. Ancora più esplicito il governatore lombardo Attilio Fontana: «Con M5s abbiamo visioni politiche proprio diverse: a noi lo sviluppo interessa, e vogliamo andare avanti e non indietro». La piazza di Torino ridá fiato e forza all’ala pragmatica e sviluppista della Lega, che non ne può più dei no grillini e con Fontana sospira: «Molto meglio governare con chi condivide le nostre visioni».
IL GIORNALE
This entry was posted on domenica, Novembre 11th, 2018 at 08:39 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.