Più tasse sulle imprese. E il Pil frena
Roma L’industria è già in recessione. Ma nella legge di Bilancio ci sono per lo più penalizzazioni per chi produce.
Dal 2019, con la manovra del governo, avremo il sussidio di disoccupazione più generoso d’Europa, ma un 33% di imprese penalizzate.
Giornata di dati e analisi poco favorevoli al governo. Alle audizioni parlamentari sulla legge di Bilancio che si sono tenute alle commissione Bilancio di Camera e Senato, l’Istat ha smontato i dati sulla crescita. E sul fisco ha esaminato gli effetti distributivi e di variazioni del carico fiscale Ires per il 2019, derivanti dall’abolizione dell’Ace, dalla mancata proroga del maxi-ammortamento, e dall’introduzione della mini-Ires. Maurizio Franzini, presidente facente funzioni dell’istituto di statistica, ha spiegato che «nel complesso i provvedimenti analizzati generano una riduzione del debito di imposta Ires per il 7% delle imprese, mentre per più di un terzo tale debito risulta in aumento». L’aggravio medio di imposta, secondo l’Istat, sarebbe pari al 2,1%: l’introduzione della mini-Ires (-1,7%) non compensa gli effetti dell’abrogazione dell’Ace (+2,3%) e della mancata proroga del maxi-ammortamento (+1,5%)». Penalizzate in misura maggiore le imprese fino a 10 dipendenti.
Tempi duri per le aziende. Ieri sempre dall’Istat è arrivata la stima sull’indice destagionalizzato della produzione industriale di settembre, in calo dello 0,2% rispetto ad agosto mentre corretto per gli effetti di calendario, a settembre l’indice è aumentato in termini tendenziali dell’1,3%. Nella media del terzo trimestre il livello della produzione registra una flessione dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. «In pratica, nel terzo trimestre l’industria italiana ha segnato il primo dato recessivo», ha commentato Renato Brunetta, responsabile politica economica di Forza Italia.
Nel corso delle audizioni, l’Istat e l’Upb hanno di fatto confermato che è impossibile centrare gli obiettivi di crescita indicati dal governo nei documenti ufficiali. Per il presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio Giuseppe Pisauro, «le grandezze della finanza pubblica programmate dal governo appaiono soggette a rischi (indebolimento del quadro macroeconomico e impatto dell’evoluzione recente dei tassi di interesse) e incertezze (l’efficacia delle misure di razionalizzazione della spesa, i tempi di attuazione delle norme sul reddito di cittadinanza e sulla riforma del sistema pensionistico, l’effettiva realizzazione dei valori programmatici della spesa per investimenti)».
Secondo l’Istat: «Un mutato scenario economico potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica, in modo marginale per il 2018 ma in misura più tangibile per gli anni successivi».
Impossibile centrare la crescita dell’1,2% per il 2018 previsto nel Def aggiornato presentato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria. Servirebbe una crescita dello 0,4% nel quarto trimestre dell’anno.
Brutte notizie anche sulla validità delle misure varate dal governo. La Corte dei Conti, ha criticato il condono osservando come sull’aliquota «del 20% sui maggiori imponibili dichiarati, non possono non essere espresse perplessità di ordine costituzionale per il fatto di riservare, a coloro che si mettono in regola con l’integrazione, un trattamento più vantaggioso rispetto ai contribuenti corretti». Un approdo parlamentare poco favorevole per la legge di Bilancio.
IL GIORNALE
This entry was posted on martedì, Novembre 13th, 2018 at 09:49 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.