Faccia a faccia
Faccia a faccia. Fuori i secondi. Proprio nel pieno della tensione con Luigi Di Maio sui termovalorizzatori, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si sono incontrati a palazzo Grazioli. Nel tardo pomeriggio. E da soli, come accade negli incontri “delicati”. Segno che c’è ancora un filo, al netto della propaganda quotidiana, che lega i due leader del centrodestra. Politico, e non solo. Certo, ci sono le elezioni regionali a breve, e di questo si è parlato. Ma ciò che prima di tutto sta a cuore a Berlusconi è – e questa non è una novità – la tutela degli interessi aziendali. In fondo su questo si fonda il “patto” sostanziale che ha reso possibile la nascita del governo: il “via libera” del Cavaliere, in cambio della non belligeranza sulle sue aziende. Garantita, con i Cinque stelle, da Salvini.
Come accaduto finora del resto, con alcuni temi – che pure si erano affacciati nel dibattito – subito soffocati: la questione dei tetti pubblicitari, ad esempio. Adesso Berlusconi è preoccupato, e vuole garanzie dal governo, sulla delicata partita Telecom. È chiaro che la sua best option è lo status quo che porta dritto dritto allo spezzatino di Telecom. Uno scenario vantaggioso per Mediaset che in questo modo ha una doppia opzione: o il vecchio disegno di fusione con un pezzo di Tim, attraverso il fondo Eliott, oppure ha comunque il tempo per aumentare il prezzo ai francesi che da tempo hanno il progetto di una media company con Mediaset per la convergenza telefonia televisioni.
Aziende, regionali, anche manovra. È stato un colloquio a tutto tondo. Proprio nel giorno in cui il cellulare di Salvini è stato preso d’assalto dai big del suo partito soprattutto a Nord. Perché la “ceppa” ha segnato una svolta nei rapporti tra gli alleati di governo. Sancendo una insofferenza crescente tra i due alleati. Da settimane il potente sottosegretario Giancarlo Giorgetti va ripetendo che “così non si va avanti”. E che, una volta approvata la manovra, può succedere di tutto. Manine, Tap, inceneritori, ogni giorno ce n’è una. E c’è anche la guerriglia a bassa intensità sugli emendamenti, con i due gruppi, sulla carta alleati, che mettono codicilli incomprensibili contro l’altro. L’ultimo, poi saltato, il “salva Molinari e Rixi”, sotto processo per peculato. Che, al tempo stesso avrebbe stroncato una valanga di processi sulle spese pazze, che coinvolgono decine di consiglieri regionali. E i sondaggi, per la prima volta, iniziano a fotografare qualche scricchiolio anche in casa leghista. Ecco, “quanto si può andare avanti così?” è la domanda che circola con maggiore insistenza. Finora, anche rispetto a parecchi dei suoi, Salvini è il più prudente. Spiega un leghista di rango: “Il problema è che Mattarella non ci manda al voto, perché l’election day sarebbe lo scenario migliore. Cercare un’altra maggioranza in Parlamento ricompattando il centrodestra è un rischio. Ci sarebbero una valanga di responsabili, ma l’idea di un governo con Berlusconi è un assist ai cinque stelle”. In questa situazione, Salvini può permettersi di giocare su più tavoli. Al governo, comunque tutelando gli interessi di Berlusconi; col Cavaliere, a cui sta lentamente prosciugando il bacino elettorale; con i Cinque Stelle, perché la linea di non apparire ostile paga anch’essa in termini elettorali. È un progetto pensato a discusso, riferiscono anche fonti di rango, con Steve Bannon. Prosciugare Forza Italia, senza apparire ostile a Berlusconi, e apparire amico dell’elettorato pentastellato. Questa l’equilibrio che finora ha pagato. Poi, a un certo punto si rompe e si punta a palazzo Chigi.
This entry was posted on domenica, Novembre 18th, 2018 at 08:51 and is filed under Editoriali - Opinioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.