I proclami e la palude

di RAFFAELE MARMO
LA MACCHINA della propaganda del governo giallo-verde gira a pieno ritmo, vendendo intese, misure e interventi che finiscono per avere vita brevissima. Operazioni politiciste più che politiche che vanno in frantumi non un giorno dopo ma addirittura un minuto dopo, bruciate da tweet e post contrapposti prodotti alla velocità della luce da batterie di nerd completamente scollegati dal mondo reale. Con il solo risultato di trasformare l’Italia in una immensa palude stagnante dove tutto si muove virtualmente e niente si costruisce concretamente. Sono mesi che, in un crescendo di convulsioni, leghisti e grillini vanno avanti a strappi, tra polemiche, fughe in avanti, marce indietro repentine, proclami di lotta e subitanei accordi a sorpresa. Compromessi che difficilmente si traducono in atti di governo, se non nella gestione quotidiana di caselle di potere da spartirsi.Ma quando dalle nomine passiamo alle azioni per il Paese solo un ingenuo o un furbo come il premier Giuseppe Conte può coniare slogan come “la terra dei cuori” a proposito del protocollo siglato ieri a Caserta per l’emergenza rifiuti in Campania. E ritenere, per questa via, di poter mettere la sordina a uno scontro come quello che sta andando in scena in queste giornate e in queste ore tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio su un terreno delicato e decisivo come quello dello smaltimento dei rifiuti. Ma quest’ultima contesa è solo la più recente di una serie sempre più lunga di scontri che investono la politica fiscale e quella giudiziaria, le regole del lavoro e le grandi opere, solo per citare quattro capitoli-chiave dell’attività di governo. Con l’effetto di tenere il Paese in ostaggio di contrapposizioni paralizzanti che solo la nebbia della propaganda e l’assenza di una vera opposizione hanno finora reso meno visibili. Ma il clima, nel rapporto tra gli italiani e l’esecutivo giallo-verde, sta verosimilmente cambiando: a farne le spese è soprattutto il capo grillino, ma il leader del Carroccio non potrà campare ancora a lungo sulle risse interne e sulle debolezze strutturali del Movimento. Più prima che poi (e magari prima di quanto possa aver ipotizzato), Salvini sarà chiamato a risolvere quelle contraddizioni che hanno minato il Contratto fin dall’inizio.

QN.NET

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