Lo spread vede 335 punti, poi scende. Milano debole come le altre Borse Ue

di RAFFAELE RICCIARDI

MILANO – 11:45. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi, che nella mattinata aveva raggiunto quota 335 punti base, ridiscende poi in area 325, in lieve ampliamento rispetto alla chiusura di lunedì, mentre il decennale italiano rende il 3,6% sul mercato secondario.

La fiammata del differenziale di rendimento tra Italia e Germania si è ripercossa sui titoli del compato bancario, che hanno sperimentato un’ondata di vendite in concomitanza con l’impennata dello spread e sospensioni in ribasso eccessivo. Poi anche il Ftse Mib ha recuperato per trattare in ribasso dello 0,64% a metà mattina, in linea con le altre Borse europee che si accodano alla debolezza generale dei listini, sui quali ha pesato l’andamento del comparto tecnologico americano. Londra cede lo 0,53%, Francoforte lo 0,84%, Parigi lo 0,71%. Sul Ftse Mib tiene banco il piano industriale dell’Enel, che per il periodo 2019-2021 punta su 27,5 miliardi di investimenti (+12%) su rinnovabili e clienti. Restano in difficoltà i titoli del settore del credito, nonostante recuperino dai minimi.

Il Tesoro non ha ricevuto certo buone indicazioni dalla prima giornata di offerta del Btp Italia, con ordini a un livello così basso che non si vedeva dal 2012: sono stati raccolti acquisti per meno di mezzo miliardo di euro nella prima giornata, contro gli oltre due miliardi del debutto del maggio scorso. Oggi è in calendario la seconda finestra dell’offerta dedicata al retail. Giovedì sarà la volta degli istituzionali, ma su tutto incombe anche il giudizio della Commissione Ue – atteso per domani – sulla legge di Bilancio italiana, che da attese verrà bocciata e potrebbe ancora complicare il rapporto tra Roma e i mercati.

Questa mattina la Borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso, appesantita non solo dal calo del tech ma anche dal crollo delle azioni Nissan e Mitsubishi dopo l’arresto del presidente dell’alleanza automobilistica che si estende anche a Renault, Carlos Ghosn. Il titolo Nissan ha ceduto il 5,45% a 950,7 yen; quello di Mitsubishi Motors ha perso il 6,84% a 680 yen. Alla fine delle contrattazioni, il Nikkei ha lasciato sul terreno l’1,09% e l’indice più ampio Topix è sceso dello 0,73%.

La seduta di ieri sera a Wall Street è finita in forte calo. Un mix di fattori ha alimentato il sell-off: crescenti tensioni commerciali tra Usa e Cina, preoccupazioni che i produttori di microprocessori finiscano per essere tra le vittime dello scontro da Washington e Pechino, nuove indicazioni negative per la domanda di iPhone di casa Apple e che i vari scandali che hanno colpito Facebook (-5,7%) finiscano per portare a regolamentazioni del settore tech (quello che negli ultimi anni ha sostenuto l’azionario Usa e che ieri ha ceduto il 3,8%). Il calo sui minimi di oltre due anni dell’indice che misura la fiducia dei costruttori Usa ha riacceso timori di un rallentamento dell’economia, che per il presidente della Fed di New York resta però solida. Alla fine della seduta, Alphabet (-3,8%) – la holding di Google – si è unita a Facebook, Amazon (-5,1%) e Netflix (-5,5%) entrando per la prima volta in sette anni in territorio “orso”, definito da un calo di almeno il 20% dall’ultimo picco. Apple (-4%) ha evitato di finirci per un soffio avendo perso il 19,9% dal massimo di inizio ottobre. Alla fine il Dow Jones ha ceduto l’1,56%, l’S&P 500 è scivolato dell’1,66% e il Nasdaq ha perso il 3%.

Apertura stabile per l’euro che segna nei primi scambi 1,145 dollari. Poco mossa anche la sterlina a 1,1283 (-0,1%) in attesa degli sviluppi sulla Brexit. In Asia lo yen si rafforza sul dollaro a 112,5. Negli Usa oggi tengono banco i dati sui nuovi cantieri, mentre in Francia il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 9,1% nel terzo trimestre e in Germania i prezzi alla produzione sono cresciuti dello 0,3% a ottobre, in linea con le attese.

Si fermano, dopo una corsa di cinque giorni spinta dalle tensioni sui mercati e la Brexit, le quotazioni dell’oro. Il metallo con consegna immediata arretra dello 0,2% a 1221 dollari l’oncia. Sempre tra le materie prime, i prezzi del petrolio si sono mossi in calo sui mercati asiatici, per le preoccupazioni sull’aumento della produzione in vista del prossimo incontro dell’Opec. Il Wti con consegna a gennaio, nel suo primo giorno come contratto di riferimento perde 7 cent a 57,13 dollari al barile. Il Brent cede 18 cent a 66,61 dollari.

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