Spread sempre più alto, Salvini e Di Maio hanno sbagliato i conti e l’Italia scivola nel burrone

Giovanni Pons

“Ovviamente sono preoccupato”, per lo spread. Così continua a ripetere il ministro dell’economia Giovanni Tria a chiunque gli chieda spiegazioni per il costante aumento del costo del denaro in Italia. Lo ripete almeno da tre mesi e da quando ha presentato a fine settembre l’aggiornamento del Def (Documento di economia e finanza) continua a dire che lo spread dovrà scendere una volta che il mercato si sarà accorto che un rapporto Deficit/Pil del 2,4% non è la fine del mondo.

E invece sta succedendo l’esatto contrario, più il mercato percepisce che i conti dell’Italia non stanno in piedi, più escono dal paese, vendendo titoli di Stato o semplicemente non comprandoli più. E così facendo spingono lo spread, cioé il differenziale di tasso di interesse tra titoli di Stato italiani e tedeschi, sempre più in alto. Una spirale negativa che ormai si sta autoalimentando. La reazione scomposta del sottosegretario Giorgetti di martedì sera fa capire lo sconcerto che serpeggia nella compagine di governo: “Lo spread a 326? Speriamo che si vieti finalmente la vendita allo scoperto anche in Italia”.

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Martedì 20 novembre lo spread ha superato quota 330 punti, non succedeva dal 2013, e sembra incorporare la bocciatura della Ue alla manovra italiana, che arriverà nella giornata di mercoledì 21. Se anche si mantenesse su questi livelli, senza crescere ulteriormente, la situazione italiana diventerebbe ben presto esplosiva.

Lo spread troppo alto impatta su due pilastri che tengono in piedi il sistema bancario: dal lato della raccolta di liquidità sul mercato, che diventa più cara, e sul fronte patrimoniale, poiché crea dei buchi di bilancio per la perdita di valore dei titoli di Stato che gli istituti di credito hanno in pancia. Strette in questa tenaglia le banche non possono far altro che aumentare i tassi sui prestiti a famiglie (credito al consumo, mutui) e imprese, creando una sorta di credit crunch e rallentando l’economia, che infatti sta entrando in una fase di crescita minima se non recessione.

Si tratta di una spirale negativa che è stata innescata nel maggio scorso quando i due partiti usciti vincitori dalle elezioni, Lega e M5S, hanno cominciato a parlare di possibile uscita dall’euro creando preoccupazione tra gli investitori e incrinando la fiducia nella capacità di tenuta dei conti pubblici. Con un debito arrivato al 132% del Pil l’Italia purtroppo non può permettersi manovra finanziarie espansive finanziate in deficit (quindi con ulteriore debito pubblico), ma Salvini e Di Maio per accontentare i loro elettori hanno sfidato le leggi che hanno governato l’economia finora. Hanno spinto il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che non ha saputo opporsi, a presentare una legge di bilancio con un deficit di 23 miliardi che porta il debito strutturale a salire dello 0,8% invece che scendere dello 0,1%. Nella speranza che questi soldi, spesi nel reddito di cittadinanza, nel fare andare le persone in pensione prima e per estendere la flat tax a commercianti, professionisti e piccoli imprenditori, potessero portare in breve tempo a una crescita dell’economia capace di riequilibrare tutto.

Ma così non sta succedendo, la crescita dello spread e i suoi effetti devastanti hanno un effetto molto più rapido delle misure espansive o supposte tali. In poche parole i nostri governanti hanno sbagliato i conti e a pagare il conto sono tutti gli italiani, già in questi giorni. Salvini e Di Maio speravano di arrivare indenni alle elezioni europee di maggio 2019 dicendo ai propri elettori che hanno mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale e quindi sono degni di essere rivotati, al contrario dei politici dei precedenti governi. Ma la situazione gli sta franando addosso molto più velocemente di quel che pensavano. Il muro contro muro con la Ue non fa che peggiorare questa situazione di isolamento dell’Italia e riduce giorno dopo giorno la fiducia degli investitori nei confronti dell’Italia.

Inoltre, fatto ancora più grave, anche i risparmiatori italiani stanno voltando le spalle al governo italiano. Il dato degli ultimi due giorni, sull’asta dei Btp Italia, che è stato accolto con molta freddezza dagli investitori al dettaglio, è un segnale molto preoccupante. L’operazione, segnalava Unicredit in una preview dell’emissione, “costituirà un importante test per l’appetito domestico interno al debito sovrano italiano ai rendimenti attuali”. Una domanda scarsa potrebbe essere “presa come un segno che gli investitori al dettaglio non forniranno un grande sostegno ai Btp l’anno prossimo e ciò potrebbe esercitare ulteriori pressioni sui Btp”. Al contrario una domanda al di sopra delle attese potrebbe avere un effetto benefico sui titoli di stato italiani e sui Btp in particolare.

Stefano Buffagni, deputato M5s. Imagoeconomica

Purtroppo solo adesso qualcuno tra i 5Stelle comincia ad accorgersi che la situazione si sta facendo molto difficile. “E’ un dato che fa riflettere e che credo sia in un quadro complessivo che richiede molta attenzione, perchè ci interessa il bene del paese”, ha commentato martedì il sottosegretario alle autonomie regionali Stefano Buffagni, esponente del Movimento 5 Stelle. “Di certo non siamo degli scapestrati senza ratio” ha aggiunto. “Mi auguro che ci sia la possibilità di aprire un dialogo costruttivo con l’Unione europea che non sia solo uno scambio di lettere, ma che sia concreto”.

Peccato che il dialogo non c’è per colpa delle autorità italiane mentre lo spread continua a lievitare. E cosa succederà nel 2019 quando il Tesoro dovrà andare a vendere titoli di Stato per oltre 250 miliardi di euro senza l’appoggio della Banca centrale europea che a fine anno terminerà il proprio programma di acquisti sul mercato? A gettare benzina sul fuoco c’è anche la situazione internazionale, sempre più tesa sul versante geopolitico dove Stati Uniti e Cina si stanno fronteggiando in un duro braccio di ferro sui dazi che sta limitando le capacità di esportazione dei singoli paesi. E le Borse non possono far altro che registrare questa situazione con un calo delle quotazioni che avevano raggiunto livelli molto elevati grazie alle forti immissioni di liquidità da parte delle banche centrali. Il mix di prezzo del petrolio in aumento, bolla dei titoli tech in rapido sgonfiamento, tassi di interesse in America in progressivo aumento, sta creando un clima cupo sulle prospettive dell’economia mondiale.

Summer School di Confartigianato. Nella foto il ministro dell’Economia Giovanni Tria

Il ministro Tria al di là di esternare la sua preoccupazione non riesce a far niente per opporsi alla deriva in cui il governo sta trascinando l’Italia. Non riesce a imporre la sua linea, il suo peso specifico è nullo in questo governo e la sua credibilità nei confronti dei mercati è vicina allo zero. Dal canto suo il ministro Savona, considerato in Europa come l’economista che ha acceso la miccia dell’uscita dall’euro, in questi giorni si mostra stupefatto e preoccupato per come si sta mettendo la situazione dell’Italia. Salvini e Di Maio non sanno far altro che ripetere che la manovra non cambia e che lo scontro con la Ue è inevitabile. Avanti di questo passo questo governo passerà alla storia per aver portato l’Italia alla bancarotta, un governo del cambiamento, in peggio.

 

BUSINESS INSIDER
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