La Bce evoca il caso greco, domani il niet della Commissione sulla manovra italiana

Il d-day è arrivato. Oggi la Commissione europea confermerà il giudizio negativo sul documento programmatico di bilancio italiano, bocciato il 23 ottobre scorso. Giudizio ancora negativo, anche dopo la risposta del governo di Roma spedita alla Commissione il 13 novembre. Saranno il Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici e il vicepresidente Valdis Dombrovskis a tenere la conferenza stampa a Palazzo Berlaymont, dopo la riunione della Commissione che ultimerà le opinioni sulle leggi di bilancio di tutti i paesi membri della zona euro. Per l’Italia molto probabilmente i commissari faranno un rapporto sul debito in ossequio all’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Ue. E’ il primo passo verso l’apertura formale di una procedura di infrazione per debito eccessivo. Oggi al Parlamento europeo Daniele Nouy, capo della vigilanza della Bce, e anche il suo successore, l’italiano Andrea Enria hanno lanciato l’allarme sulla tenuta delle banche italiane per via dello spread alto. Una vigilia nera per Roma.

Domani potrebbe iniziare formalmente una trattativa tra l’Italia e Bruxelles. Oppure una battaglia, a seconda degli equilibri che prevarranno anche nel governo Conte. Il presidente del Consiglio sta cercando in tutti i modi canali di negoziato: ieri ha sentito al telefono il presidente della Commissione Jean Claude Juncker. “Si sono accordati per vedersi a cena sabato”, dice il portavoce della Commissione Margaritis Schinas. Sarà una cena formale, in un posto formale: niente ristoranti in giro che potrebbero dare l’idea di un rapporto ‘amicale’, Conte e Juncker si vedranno a Palazzo Berlaymont. Per il capo del governo italiano ogni mossa è buona per cercare di evitare fino all’ultimo l’apertura di una procedura europea: significherebbe l’obbligo di ridurre il debito del 5 per cento in cinque anni (60 miliardi di euro), con una manovra correttiva di 20 miliardi di euro già l’anno prossimo, magari prima delle europee di maggio.

Significherebbe dire addio al reddito di cittadinanza e a ‘quota cento’ sulle pensioni, i due cavalli di battaglia elettorali dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Roma è tra l’incudine e il martello: o accettare di rivedere ora la manovra (magari durante l’iter parlamentare) oppure in primavera dovrà farlo sotto i colpi della procedura di infrazione europea.

A Bruxelles non hanno fretta di decidere. Formalmente, la procedura dovrebbe essere aperta solo l’anno prossimo: il 22 gennaio è data utile per la Commissione per decidere, con effetti che andrebbero a cadere proprio nella campagna per le europee, appunto. Prima di allora, dovrebbe pronunciarsi il Comitato economico e finanziario della Commissione, formato dai tecnici del Tesoro di ogni Stato membro: si riunisce già dopodomani ma non è detto che affronti il caso italiano a due giorni dall’incontro tra Conte e Juncker. Prima di gennaio, la manovra italiana passerà al vaglio del Parlamento: Bruxelles sfrutterà l’occasione per riempire il vuoto dell’attesa, aspettare di capire se la legge di bilancio italiana cambierà.

Ma i termini della questione si sono chiariti ancor di più oggi nel dibattito in Commissione problemi economici e finanziari del Parlamento Europeo. E’ qui che è scattato l’allarme della Bce per la tenuta delle banche italiane minacciate dallo spread che continua a veleggiare oltre quota 300 (oggi è arrivato a 335 anche se poi è sceso). “L’aumento dello spread in un paese dell’Ue è motivo di preoccupazione sulle banche”, esordisce Daniele Nouy, presidente del Supervisory board della Bce, nella sua ultima audizione in Commissione.

Nouy osa un paragone che finora nessuno aveva citato: per dire dei rischi che corrono le banche italiane, parla del caso Grecia, finita al collasso dopo la guerra con l’Ue sul debito. E per giunta lo fa a mercati aperti: “Penso che le banche italiane hanno fatto tanto per ripulire i propri bilanci e migliorare il proprio business model. Sarebbe molto triste se finissero per subire le conseguenze del dibattito politico, anche se questo succede talvolta. I problemi con le banche greche sono partiti proprio con le discussioni politiche”. Parole gravi. La conclusione: “Incrociamo le dita, posso dire. Gli stress test (sulle banche italiane, ndr.) sono stati positivi, non posso dire di più…”.

La musica non cambia con il nuovo capo del Supervisory Board della Bce, anche se è italiano: Andrea Enria alla sua prima audizione nella Commissione presieduta da Roberto Gualtieri del Pd. “L’aumento dello spread sulle obbligazioni di Stato ha un impatto sul settore bancario anche per i costi di finanziamento del debito di Stato. Come autorità di vigilanza dovremmo concentrarci sui piani di raccolta delle banche in caso di scenario avverso”, dice Enria che oggi incassa la prima conferma parlamentare sul suo nuovo ruolo. La Commissione approva con 42 voti sì, 1 contrario, 9 astenuti. Il voto è segreto, ma da quello che trapela la rappresentante del M5s Laura Agea vota a favore, Marco Zanni della Lega è assente. “Quando si candidano persone competenti e con visione europea, si può prevalere anche in sfide difficili come la guida della vigilanza bancaria europea”, commenta Gualtieri.

Ma il voto in Commissione segnala – pur in piccolo – le difficoltà del governo di Roma, isolato in Ue sulla manovra, eppure convinto di poter far valere le proprie ragioni perché, spiega una fonte italiana, “l’Ue ha troppi fronti aperti, c’è la Brexit e mettiamoci anche il voto per le politiche in Spagna in concomitanza con le Europee: non può aprire un fronte anche con noi, paese fondatore dell’Ue”.

Previsione sbagliata. Perché invece qui a Bruxelles hanno bisogno di ‘punire’ l’Italia anche per affrontare la campagna elettorale in difesa dell’Ue. Lo chiedono gli altri Stati membri. Oggi in Commissione problemi economici e finanziari, anche il mite Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, di solito molto cauto, si è lasciato andare nel giudizio negativo su Roma.

“Nel penultimo Eurogruppo – dice in audizione, riferendosi alla riunione straordinaria di ieri – ci siamo concentrati sull’Italia perché la Commissione ha chiesto una manovra aggiornata. L’aggiornamento non migliora la situazione in termini di costi del finanziamento del debito, lo vediamo sui mercati oggi giorno, che significa che non ha dissolto le preoccupazioni sulla strategia di bilancio dell’Italia”.

E in Commissione molti gli chiedono dell’Italia, la maggiore fonte di preoccupazione europea al pari o forse più di Brexit. Lo chiede il liberale tedesco Bernd Lucke, del gruppo dei Conservatori e riformisti: “Che può fare l’Italia per attenersi a un percorso di crescita sostenibile?”. Centeno, socialista portoghese, esponente quindi di un paese che ha dovuto sottostare alle cure del rigore europeo, difende le riforme fatte dai governi passati, riforma Fornero (Monti) e Jobs act (Renzi), invise ai populisti italiani: “Il processo di crescita è a lungo termine, non possiamo misurarlo col centimetro, ci vogliono tempi lunghi. Non è che voglio difendere la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro che l’Italia ha attuato, ma sono state varate e hanno bisogno di tempo. La riforma delle pensioni nel mio paese risale al 2006 e adesso cominciamo a registrare i risultati. Non credo che l’impazienza sia il giusto modo di reagire…”.

Ramon Tremosa i Balcells, del gruppo Alde, catalano del partito ‘Demòcrata Europeu i Català’, fa notare che “l’Italia ha un avanzo primario da 20 anni, anche con una montagna di debito pubblico: quale possibilità c’è per l’Esm (Meccanismo europeo di stabilità, ndr.) di rifinanziare il debito italiano riducendo i costi per gli interessi?”. Centeno è inflessibile: “L’avanzo primario in Italia c’è ma l’altro problema è la fiducia dei mercati, che può garantire condizioni di finanziamento adeguate negli Stati membri: non credo che le strategie unilaterali degli Stati membri, non coerenti con il sistema delle regole possano funzionare”.

Spread e banche sono un po’ i due terminali delle ansie europee – e anche italiane, benché non ufficialmente ammesse – dopo la manovra decisa dal governo gialloverde, con un deficit al 2,4 per cento. Per la cronaca, oltre alla Bce, oggi l’allarme lo lancia anche l’Abi. “Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni è risultato in sensibile crescita nel corso degli ultimi mesi, risentendo dell’aumento dello spread nei rendimenti dei titoli sovrani”, dice l’Associazione Banche italiane nel suo rapporto mensile, secondo cui a settembre 2018 si registra “un valore pari a 1,71% rispetto al valore minimo di 0,56% registrato a maggio 2018”. Si tratta di rilevazioni su un ammontare non molto rilevante, spiega il vice direttore generale Gianfranco Torriero, ma “che danno il segnale di un cambiamento di rotta del mercato”.

Insomma a Bruxelles la tavola è apparecchiata per dare addosso all’Italia. Il resto, fanno capire, dipende dal governo di Roma. I partner europei, seppure senza fretta, non si muovono di un centimetro, pur sapendo che già il rapporto sul debito di domani potrebbe far schizzare in alto lo spread ulteriormente, causando danni non solo all’Italia ma a tutta l’Eurozona. E’ un po’ come giocare col fuoco, perché – checché ne dica Nouy – l’Italia non è la Grecia, ma paese ben più grande e con economia diversa e più solida. Ma ormai il circolo vizioso si è messo in moto: quello che conduce dritto alle urne del 26 maggio.

L’HUFFPOST

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