La Lega sale ancora (36,2%) e allontana i 5 Stelle. Crescono astenuti e indecisi
Nel mese di novembre tra le forze della maggioranza si sono alternati momenti di contrasto, soprattutto sui temi della giustizia e delle grandi opere, e momenti di coesione, in particolare dopo la bocciatura da parte dell’Ue della legge di bilancio e la probabile apertura della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
Pertanto, in anticipo rispetto al consueto aggiornamento mensile, abbiamo voluto verificare «la temperatura» del consenso per il governo e i partiti.
L’esecutivo fa segnare un arretramento: i giudizi positivi (53%) continuano a prevalere nettamente su quelli negativi (36%), ma l’indice di gradimento diminuisce di tre punti attestandosi a 60. La stessa tendenza si registra per il presidente Conte, in flessione di due punti (passa da 64 a 62) e per il vicepremier Di Maio (da 51 a 47), per il quale per la prima volta le valutazioni negative (46%) prevalgono su quelle positive (41%). Al contrario l’indice di gradimento di Salvini aumenta di due punti (da 58 a 60) e si avvicina a quello del premier (il divario scende da -6 a -2). Quanto alle intenzioni di voto, a distanza di tre settimane dal precedente sondaggio registriamo un ulteriore aumento del vantaggio della Lega sul Movimento 5 Stelle (da 6% a 8,5%): la prima infatti si attesta al 36,2% delle preferenze (+1,5%), il secondo al 27,7% (-1%). A seguire il Pd, al 16,8% (+0,3%), e Forza Italia al 7,9% (-0,8%), quindi Fratelli d’Italia (2,6%), +Europa (2,1%) e Liberi e Uguali (1,5%) che abbiamo testato per l’ultima volta prima dell’assemblea prevista per oggi che dovrebbe decretare cambiamenti di rilievo.
Rispetto al voto del 4 marzo, la Lega ha quasi raddoppiato i consensi penetrando in aree territoriali un tempo assai distanti e aumentando significativamente tra le donne, le persone mature o anziane (al di sopra dei 50 anni), con scolarità elementare e, riguardo alla condizione occupazionale, tra ceti molto diversi tra loro (casalinghe e pensionati ma anche ceti imprenditoriali e dirigenti, nonché tra i dipendenti pubblici). Per non parlare della crescita nel mondo cattolico, in particolare tra coloro che partecipano alla messa tutte le domeniche. D’altronde, l’esibizione di rosario e vangelo da parte di Salvini una settimana prima delle elezioni ha rappresentato un messaggio molto più forte della famosa copertina di Famiglia Cristiana («Vade retro Salvini»). Il M5S ha perso consenso soprattutto tra le donne, tra i più giovani (in particolare tra gli studenti), tra gli elettori più istruiti (laureati e diplomati), i ceti dirigenti e i dipendenti pubblici. I dem arretrano tra gli uomini, tra le persone di età adulta (35-50 anni) e matura (oltre 65 anni), come pure tra quelle meno istruite (licenza elementare) e i ceti popolari, mentre fanno segnare una crescita tra i laureati e gli studenti e una sostanziale tenuta presso i ceti dirigenti. Forza Italia si è significativamente indebolita presso i segmenti sociali che da sempre rappresentavano il suo elettorato più fedele, cioè le donne, le persone meno scolarizzate, casalinghe, pensionati e lavoratori autonomi.
La Lega quindi appare in salute, mentre il M5S fatica, per le ragioni più volte evocate: elettorato proveniente da aree politiche diverse (situazione ideale stando all’opposizione, ma molto complicata quando si hanno responsabilità di governo), ambiti di intervento molto complessi, minore esperienza, dissenso interno. Tutti aspetti estranei al partito di Salvini. Dunque, la Lega è inarrestabile? Senza voler sminuire la portata del suo consenso — il raddoppio (sia pure virtuale) degli orientamenti di voto in pochi mesi è infatti un accadimento inedito — l’analisi dei dati sul totale degli elettori (quindi non sui voti validi), ridimensiona in parte il risultato. Infatti occorre fare i conti con un elemento di cui si parla poco: l’aumento dell’area grigia rappresentata da indecisi e astensionisti che oggi rappresentano il 36,2%, vale a dire quasi 3,2 milioni di elettori in più rispetto alle politiche. Al crescere dell’astensione la Lega aumenta il risultato grazie alla forte tenuta del proprio elettorato, a differenza delle altre forze politiche che fanno segnare un’uscita di elettori che in larga misura manifestano la loro delusione scegliendo di non scegliere, astenendosi dal voto. Sulla totalità del corpo elettorale la Lega in 6 mesi (tra il 4 marzo e il 5 settembre) fa un balzo passando dal 12,3% delle politiche al 22,1% (da 5,7 a 10,3 milioni di elettori), ma da inizio settembre ad oggi aumenta di un solo punto.
Si verifica quindi una sorta di «effetto ottico»: la Lega dalla fine della pausa estiva ad oggi aumenta significativamente (quasi tre punti) in voti validi, ma il dato sull’intero corpo elettorale mostra una lieve crescita (400.000 elettori). Intendiamoci, si tratta di un consenso di grande rilievo (10,7 milioni di elettori) che avvicina la Lega ai risultati ottenuti alle politiche del 2008 dal Pdl (13,6 milioni di voti) e dal Pd (12,1 milioni), nonché al successo renziano alle Europee del 2014 (11,1 milioni). Ma la scadenza elettorale del prossimo 26 maggio è ancora distante e gli atteggiamenti degli italiani nei confronti dell’Europa sono tutt’altro che univoci. Dunque, non è affatto da escludere che rispetto allo scenario odierno la campagna elettorale riservi qualche sorpresa. La paura di essere marginalizzati in Europa potrebbe indurre una parte degli elettori a scegliere partiti meno ostili nei confronti dell’Ue.