Juncker duro: “Procedura inevitabile”. Ma Conte insiste: “Passi in avanti”
Moscovici e da Valdis Dombrovskis, gli ha fatto capire chiaramente che senza una modifica significativa della manovra la procedura sarà inevitabile. Il premier parla di «dialogo che continua». Di «passi in avanti». Della necessità di «tempi più distesi». E chiede, a tutti, «toni bassi» per far abbassare lo spread. Ma ammette che «non si è parlato dei saldi» della manovra, confermando l’indisponibilità del governo a toccare il deficit al 2,4%. Per questo l’iter della procedura non potrà essere fermato. Lui stesso – sotto sotto – confessa che si tratta di un’impresa impossibile: «Confido che il dialogo possa servire a evitare la procedura», ma riconosce che si tratta di un obiettivo «ambizioso». Con lui c’era il ministro Giovanni Tria, che ben conosce la posizione della Commissione. Ma soprattutto il clima tra gli altri governi, dopo aver sperimentato l’isolamento al tavolo dell’Eurogruppo. Oggi Conte proverà a sondare gli umori a un livello più alto. A margine del summit dedicato alla Brexit «avrò senz’altro la possibilità di incontrare gli altri leader europei – preannuncia -, con i quali potremo avere degli scambi in ordine all’aggiornamento di questa sera».
Un portavoce della Commissione ha confermato il carattere interlocutorio della cena, spiegando che «il lavoro continuerà per avvicinare i rispettivi punti di vista per cercare una soluzione di prospettiva». C’è un particolare significativo che è indice dell’assenza di passi avanti. I cinque si sono seduti a tavola alle 19,50 e proprio in quel momento Martin Selmayr lasciava il palazzo del Berlaymont. Il segretario generale della Commissione è considerato il vero capo politico dell’esecutivo Ue e nei momenti decisivi non manca mai.
Ieri, per esempio, era presente all’incontro tra Juncker e Theresa May, utile a sciogliere gli ultimissimi nodi sulla Brexit in vista del vertice di oggi. Ma non ha ritenuto fondamentale la sua presenza nel palazzo durante la cena tra Juncker e Conte. Con Selmayr se n’è andata Clara Martinez Alberola, capo di gabinetto del presidente della Commissione.
«Non litighiamo, we are friends» ha provato a sdrammatizzare Conte durante la foto di rito con Juncker, appena arrivato al Palazzo Berlaymont. Ma una volta lontani dai flash, i sorrisi sono spariti. I due leader si sono appartati per parlare tête-à-tête per una decina di minuti. Chi li ha visti assicura che entrambi i volti si sono incupiti. Poi si sono messi al tavolo con i rispettivi accompagnatori e il trio della Commissione ha spiegato che l’iter della procedura ormai è inarrestabile.
La Commissione ha il pieno sostegno dei governi, hanno ribadito Moscovici e Dombrovskis. Gli hanno annunciato che ciò emergerà ancor più chiaramente la prossima settimana, quando il Comitato economico e finanziario (in cui sono rappresentati i Ventotto) esprimerà la sua opinione sul rapporto sul debito. Anche questo organo, salvo sorprese, dirà che l’apertura di una procedura è «giustificata». Il successivo passaggio formale toccherà alla Commissione. Che aspetterà di avere un ulteriore sostegno politico dall’Eurogruppo/Ecofin in agenda il 3-4 dicembre, ma anche dal Consiglio europeo del 13-14. Poi, nell’ultima seduta di quest’anno, il 19 dicembre, scriverà nero su bianco la Raccomandazione. In quel documento saranno elencati i tempi e l’entità delle manovre correttive da imporre all’Italia. E pure la scadenza per la prima verifica, che potrà arrivare già dopo tre mesi dalla data di approvazione dell’Ecofin, oppure dopo sei mesi. Ossia a fine aprile o a fine luglio (In mezzo ci sono le Europee). L’Ecofin approverà la Raccomandazione il 22 gennaio e su questa data non possono esserci margini di trattativa: il Consiglio, al più tardi, deve esprimersi entro il 1° febbraio.
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