“Stiamo vivendo qualcosa di nuovo”
“I gilet gialli trionferanno”. La scritta realizzata con uno spray nero sulla base dell’Arco di Trionfo, nel punto più alto degli Champs Elysées, campeggia come una dichiarazione di guerra, mentre tutt’intorno infuria una guerriglia urbana tra manifestanti e forze dell’ordine.
A Parigi e nel resto della Francia va in scena il terzo atto della protesta dei gilet gialli, il movimento nato inizialmente contro i rincari del carburante e sviluppatosi nelle zone rurali e periferiche del paese, che oggi è sceso nelle strade mettendo a ferro e fuoco la capitale.
A far da teatro alla mobilitazione, ancora una volta, sono gli Champs Elysèes, blindatissimi dopo i tafferugli della scorsa settimana. Per l’occasione, la prefettura ha disposto un imponente servizio di sicurezza, che ha recintato l’intera avenue con barriere e camionette della polizia, mentre gli accessi sono controllati da agenti che perquisiscono tutti coloro che entrano nel perimetro.
I primi scontri scoppiano verso le nove del mattino, quando la polizia cerca di bloccare l’accesso all’avenue a un gruppo di gilet gialli, all’interno del quale probabilmente si sono infiltrati dei casseur. Dal quel momento, comincia un botta e risposta tra la celere e i manifestanti, che pur di rimanere sul posto sono disposti ad ingaggiare un duello rusticano che dura per tutta la mattinata. Alcuni di loro riescono addirittura ad arrivare sulla tomba del milite ignoto sotto l’Arco di Trionfo per intonare la Marsigliese. Un gesto immediatamente condannato dal primo ministro Philippe, che ha accusato i manifestanti di attaccare i “simboli della Repubblica”, mentre la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen, ha elogiato i gilet gialli che hanno protetto “la fiamma del soldato contro i casseur”.
“Stiamo vivendo qualcosa di nuovo, che non è mai esistito prima”, dice Jean-Luc, dipendente pubblico in una scuola materna alle porte di Parigi, mentre dall’Arco di Trionfo che fa da sfondo dietro di lui comincia a salire una coltre di fumo. La colpa è del governo che “disprezza la gente” e “non ascolta le richieste del popolo”, afferma mentre guarda preoccupato l’avvicinarsi degli scontri. “Il movimento è ancora disorganizzato, ma si sta strutturando”, spiega la moglie, facendo riferimento alla delegazione di otto persone che ieri ha dato forfait all’appuntamento con il primo ministro, Edouard Philippe. Ma tra i gilet gialli c’è anche chi rifiuta ogni forma di rappresentazione. Come Eric, disoccupato di 42 anni, che preferisce mantenere il movimento “senza leader” e si rifiuta di riconoscere “rappresentanti o leader autonominati”.
Intanto, i gilet gialli che non sono riusciti a raggiungere gli Champs Elysées avanzano in ordine sparso nelle strade del quartiere, allargando la manifestazione a macchia d’olio in tutta la zona. Gli incidenti si moltiplicano, tra macchine incendiate, vetrine di banche rotte e falò improvvisati col materiale saccheggiato da cantieri. “Sono un dipendente pubblico, proprio come te”, urla un uomo sulla quarantina a un agente che fa finta di non sentirlo, mentre alcuni casseur entrano in un palazzo nei pressi dell’elegante avenue Victor Hugo, distruggendo finestre e taggando i muri. Alcuni giornalisti sui social network annunciano la presenza di militanti di estrema destra all’interno dei cortei, confermando i timori espressi dalle forze dell’ordine nei giorni scorsi. Nel pomeriggio la protesta invade anche i giardini delle Tuileries, che vanno in fiamme sotto gli occhi increduli dei turisti, mentre i grandi magazzini Printemps e Galeries Lafayette vengono evacuati per ragioni di sicurezza.
Con il passare delle ore, Parigi si trasforma in un campo di battaglia, soprattutto a causa dell’arrivo di gruppi di casseur che si infiltrano tra i gilet gialli. “Constatiamo sempre di più la presenza di gruppi molto determinati che si sparpagliano per Parigi e commettono disturbi all’ordine pubblico”, dichiara la portavoce della prefettura di Parigi, Johanna Primevert, spiegando che gli autori dei disordini sono “persone molto organizzate”.
Anche nel resto del paese la mobilitazione si fa sentire: all’aeroporto di Nantes un gruppo di persone si è introdotto sulla pista provocando forti ritardi nei voli, mentre nel piccolo comune di Puy-en-Velay, nell’Auvergne, i manifestanti hanno forzato l’entrata della prefettura invadendo il cortile al grido di “Macron dimissiona”.
“Non sto certo con i casseur, ma se facciamo la solita manifestazione pacifica sfilando per la strada il governo non ci ascolta”, dice Lucien guardando da lontano un gruppo di persone a volto coperto scontrarsi con i poliziotti. “Lavoro come infermiere e sono in contatto continuo con la gente, vedo la miseria ogni giorno”, racconta questo 30enne, ricordando che alcuni giorni fa “un padre di famiglia è morto in ospedale per essersi addormentato al volante mentre rientrava dal suo secondo lavoro”. Più severo François, piccolo imprenditore sulla quarantina, che di black bloc non vuole neanche sentir parlare. Per lui è necessario trovare un’intesa utilizzando “la diplomazia” e “la calma”.
Il bilancio provvisorio della giornata sembra essere più un bollettino di guerra, con 92 feriti nella capitale, di cui 14 poliziotti. La prefettura di Parigi ha fatto sapere che sono state fermate 224 persone e un fucile d’assalto è stato rubato da una macchina della polizia. In merito alla partecipazione, il Ministero dell’Interno ha annunciato la presenza di 75mila manifestanti in tutto il paese alle 15H00, ricordando che nel corso della prima mobilitazione del 17 novembre erano scese in strada 282mila persone.
Nonostante il calo di partecipanti, i gilet gialli continuano a preoccupare il presidente Macron, che per il momento non riesce a trovare una risposta adeguata. Al centro delle rivendicazioni non c’è solamente l’aumento delle tasse sul carburante, ma anche un disagio generale e una forte disapprovazione nei confronti delle politiche attuate dall’Eliseo.
La natura eterogenea del movimento rende difficile il confronto con un governo che sembra incapace di tendere l’orecchio verso la protesta. La riprova di questo dialogo tra sordi è il flop andato in scena ieri, quando solamente due rappresentanti dei gilet gialli si sono presentati dal premier Edouard Philippe per l’incontro che era stato organizzato alcuni giorni prima. A mettere alle corde l’esecutivo c’è anche il sostegno dei francesi dato alla protesta, che secondo un sondaggio pubblicato questa settimana si attesta all’84 per cento.
Nonostante si sia mostrato fermo nelle sue posizioni, Macron ha dato qualche debole segnale di apertura, come gli incentivi per l’acquisto di macchine elettriche o “l’assegno energia” per le famiglie più disagiate. Nel corso di un intervento tenuto questa settimana, il capo di Stato francese ha inoltre fatto sapere che verrà messo in atto un sistema che permetterà di inquadrare la tassa carbone in caso di impennata dei prezzi attraverso un meccanismo regolato dal governo.
Nei prossimi mesi il governo ha previsto di organizzare una serie di concertazioni territoriali insieme ad associazioni, rappresentanti politici e cittadini, in modo da trovare delle soluzioni diverse per ogni realtà locale. Sebbene non sia stata ancora svelata la forma con cui verranno organizzati questi incontri, risulta difficile credere che una simile strategia riuscirà a calmare la collera dei gilet gialli, che chiedono misure concrete.
Dopo essere riuscito a sbaragliare l’opposizione e i sindacati nella prima fase del suo mandato, Macron si ritrova a dover gestire un movimento che rischia di rallentare la sua marcia presidenziale, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee a maggio.
L’HUFFPOST