Pensioni, «quota 100»: i limiti che riducono la spesa

Pensioni, «quota 100»: i limiti che riducono la spesa

A partire da gennaio si potrebbe andare in pensione con 64 anni di età e 40 anni di contributi. A poter lasciare il mondo del lavoro, in anticipo rispetto alla legge Fornero, saranno però soltanto coloro che hanno maturato, da almeno due anni, il requisito Quota 100 (62 anni di età e 38 di contribuzione) al 31 dicembre del 2018. A indicare la soluzione è il professor Alberto Brambilla, che in veste di esperto di previdenza affianca il vice premier Salvini, lavorando come consulente alla presidenza del Consiglio. La proposta arriva al termine di un fine settimana, durante il quale il governo non ha riconfigurato la manovra economica, nè rivisto i saldi della legge di Bilancio. Un segnale atteso da Bruxelles, che aspetta impaziente alcune correzioni.

Il punto è che restano da definire proprio i due pilastri della manovra economica per il 2019: Reddito di cittadinanza e Quota 100. A suggerire come procedere sul versante delle pensioni è Brambilla, indicando sia le premesse sia le modalità per non fare saltare il banco. «La prima necessità è risolvere i problemi della legge Fornero. Fatto questo chiarimento — spiega Brambilla — ci sono due elementi pratici di cui tenere conto: nel prossimo mese di gennaio l’Inps non può ricevere in un sol colpo quasi 300 mila nuove domande di pensionamento, l’altro punto è che un meccanismo del liberi tutti costerebbe più di 7 miliardi di euro». Il tecnico vicino a Salvini ha elaborato una versione di riforma che evita costi insostenibili, restando comunque ancorata al meccanismo che permette a chi oggi è «ostaggio» della Fornero di andare in pensione in anticipo.

«La premessa è ‘liberare’ tutti i lavoratori», che in assenza di 67 anni di età o 42 anni di contribuzione non possono uscire dal mondo del lavoro. L’obiettivo è stabilire un’uscita anticipata, si badi bene, solo per coloro che al 31 dicembre 2018 avranno maturato il requisito di Quota 100. La soluzione Brambilla mette, dunque, un limite e fa valere Quota 100 esclusivamente per il 2018. Ecco le condizioni: i primi lavoratori ad andare in pensione il prossimo marzo saranno coloro che hanno maturato quota 100 al 31/12/2018 da più di due anni. A seguire in estate andranno coloro che hanno il requisito Quota 100 da più di 18 mesi e meno di 24. Con scaglioni successivi nel corso del 2019-2020 usciranno gradualmente tutti i titolari di Quota al 100 al 31 dicembre 2018. Una modalità che da un lato contempla la riforma e lo slogan caro alla Lega fin dalla campagna elettorale, ma, dall’altro, la riconfigura come Quota 104 (dal momento che andrà in pensione anticipata chi avrà maturato quel requisito da più di due anni, quindi di fatto un lavoratore più anziano sia anagraficamente sia in termini di annualità contributive, ovvero Quota 104).

Le stime di Brambilla indicano che i destinatari di questa misura, che introduce un inedito scalone al 31 dicembre 2018, sono circa 250 mila persone (150 mila l’anno prossimo e a 100 mila l’anno successivo). «Il costo previsto è in media di circa 3,9 miliardi all’anno nei primi 5 anni, il picco di spesa è comunque nel 2020 con un costo di circa 5,3 miliardi». Brambilla aggiunge che una volta risolto «l’ingorgo» dei 250 mila beneficiari di Quota 100 alla politica spetta indicare quale soluzione adottare dal 2021. «L’intento sarebbe fissare una nuova soglia con 64 anni di età e 39 anni di contribuzione, ma è una decisione tutta politica».

CORRIERE.IT

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