Sovranità al tecnico!
Quando i leader di un governo sovranista cedono una parte della loro sovranità, qualcosa sta succedendo. L’evento si riassume in una nota, che ricorda i ringraziamenti che si inviano dopo una buona serata, e che è invece un ridisegno delle competenze a Palazzo Chigi, cioè all’interno del nostro governo. Un cambio sottile, ma che indica una nuova fase.
La nota, che potete qui leggere, è una cerimoniosa celebrazione di Giuseppe Conte di ritorno dal G20, firmata dai due Vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Scritta con penna che non ha nulla della moderna, sincopata, lingua dei due politici, è volutamente stilata con il fiorito idioma dei palazzi del Potere, forse per aumentarne il peso ufficiale. “Con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il nostro Paese riesce sempre ad affermare le proprie posizioni e priorità, a testa alta e con determinazione. E’ successo in questi giorni al G20 di Buenos Aires, dove Conte ha sostenuto in maniera impeccabile le linee guida della nostra azione di Governo… il Presidente Conte ci rappresenta nel migliore dei modi ai massimi livelli, di fronte ai leader di tutto il mondo”.
Vien poi il punto sull’Europa: “Allo stesso modo il presidente del Consiglio si sta dimostrando il garante ideale per la nostra interlocuzione con l’Europa e vogliamo ringraziarlo perché porta avanti con grande determinazione lo spirito del Contratto di Governo. È cruciale in un momento così importante per il nostro Paese sapere di potersi affidare alle competenze e alle capacità di un presidente del Consiglio che, nell’interlocuzione con il presidente della Commissione europea Juncker e il Commissario Moscovici, sta spiegando in maniera encomiabile la dirompente portata delle scelte per il cambiamento”.
Infine, la celebrazione: “Conte è la voce ideale dell’Italia in Europa rispetto ai contenuti di quel patto sociale con i cittadini a cui lavoriamo costantemente, superando le diverse sensibilità in nome dell’interesse degli italiani” , e l’elevazione: “L’Italia si sta rialzando e in tutti i tavoli, dall’Europa agli incontri con i maggiori partner internazionali, noi siamo nelle mani giuste, quelle del Presidente Conte”.
La letterina, tanto per capire quanto non sia stata frutto di un gesto occasionale, arriva alla fine di un percorso attentamente coreografato, come ama fare Palazzo Chigi, per sottolineare il ruolo di negotiator-in-chief assunto da Conte fin dalla scorsa settimana nei suoi incontri con Junker – il percorso ha collezionato tutte le figurine che costituiscono un must nella costruzione di un leader: dalla foto con abbraccio, ai “ti amo” di Juncker, al palleggio con pallone in Argentina. Fino alla foto di ispirazione Kennedyana della riunione di lavoro di Conte e i suoi collaboratori, in una sosta in Brasile nel viaggio di ritorno, tutti rigorosamente in camicia Bianca.
Fin qui la costruzione “subliminale” di una nuova guida. Nella concretezza della politica, tutto questo si traduce in una affermazione molto meno levigata : le figure finora più poderose fanno un passo indietro dalla arena della trattativa con la commissione europea, e lasciano tutto in mano al Premier. Il riconoscimento, cioè, annuncia una vera e propria ritirata dei vicepremier dalla più grossa rogna che gli sia arrivata addosso dall’inizio dei “fab 5″, i favolosi cinque mesi di governo in cui finora tutto sembrava fosse andato splendidamente.
Il passaggio di consegne non è sfuggito agli osservatori – che oggi parlano di una trattativa gestita da ministri colombe, includendo il buon Tria che una volta era escluso dai Cdm in cui si parlava di manovra e che, oggi che la manovra va cambiata, è inviato da solo a petto in fuori a Bruxelles. La narrativa delle Colombe si completa infatti con la cornucopia dei “toni”, e di come la cortesia istituzionale di questi ministri e il loro savoir faire internazionale sia tutto quello che, dopotutto, bastava per svoltare i nostri rapporti con la Commissione. I “numerini” stessi si fanno ogni giorno più immateriali. Ma anche questa si rivela solo una sottile Cortina di fumo. Una piccola fiction per noi popolo.
Il clima fra l’Europa e l’Italia è effettivamente cambiato, nel giro di un pugno di giorni, ma l’effetto e’ dovuto non a una maggiore cortesia, bensì a una autentica batosta: la notizia che il Pil Italiano dopo 14 trimestri consecutivi di crescita, è tornato a segno meno. Venerdì 30 i dati Istat – con il Pil a -0,1% nel terzo trimestre dopo quattro anni di segno più – hanno scardinato la manovra. Il 2,4% era infatti sostenibile per il governo solo nell’ipotesi che l’Italia arrivasse nel prossimo anno almeno a 1,5, secondo le stesse previsioni della coalizione giallo-verde. Un obiettivo impossibile per il 2019 le cui previsioni di crescita sono a stento all’1 per cento.
Per il vertice del governo è stata una doccia fredda, arrivata non come l’attesa apocalisse, ma come un richiamo alla realtà, la registrazione degli umori del paese ancora prima che materia di dibattito economico. La scarsa crescita è infatti il primo specchio degli umori nazionali, la prima registrazione reale di paura e di sfiducia – che sono poi le vere componenti della dinamica economica.
Nasce lì la necessità di non scontrarsi più con Bruxelles , che in soldoni significa “smontare” la manovra. Ma “smontare non noi, grazie”, si devono esser detti i vicepremier, che a questo punto hanno preferito cedere parte della loro ‘sovranità’ al Premier Conte. Qualunque saranno i risultati, potranno dire che le decisioni erano nelle mani dei tecnici.
Loro, i due capi politici, avvertita la sfiducia che sale dal paese, sono già tornati sul territorio. Luigi Di Maio sotto tono per la vicenda del padre, non può lasciar perdere il legame con il suo elettorato. Ma è Salvini a guidare ancora una volta l’offensiva. Il malessere del Nord, la zona dell’Italia produttiva ormai spaventata dalla certezza di una recessione, ha ripreso la sua attenzione. La settimana da oggi all’8 dicembre, data della manifestazione nazionale della Lega a Roma, il leader Leghista si confronta con varie proteste di categorie produttive. Che si sommano alle tante e contrarie che da settimane vengono su come funghi, a Roma, Torino, dei Si Tav, dei No Tav, animate da movimenti e di organizzazioni economiche.
Come si vede, in pochi giorni, un’altra svolta è stata impressa al velocissimo percorso di questo molto tattico governo. Lo scontro con l’Europa è già nei fatti derubricato. Ed è partita con imprevisto anticipo la campagna elettorale.
L’HUFFPOST
This entry was posted on martedì, Dicembre 4th, 2018 at 08:41 and is filed under Editoriali - Opinioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.