No Tria, no relazioni, no quadra. Vertice sulla manovra ancora non decisivo
Giovanni Tria entra a Palazzo Chigi per l’ora di pranzo. Quando inizia il vertice di governo, intorno alle 16, ha già fatto ritorno al ministero dell’Economia. Le relazioni tecniche sui possibili risparmi su reddito di cittadinanza e quota 100 non sono pronte, e senza quelle il punto di caduta con l’Europa non si può trovare. Una serie di complicatissime simulazioni che vertono su diverse modulazioni della stessa domanda: se da 16 miliardi il fondo per l’attuazione del programma di governo scende di un tot, cosa riusciamo a fare?
Così il vertice annunciato come decisivo è utile a trovare una quadra su una serie di aspetti laterali, ma il grande nodo ancora non viene sciolto. Fonti di governo delineano però la sostanza del piano: dare a Bruxelles quello che chiede, portando il rapporto deficit/Pil al 2%, forse addirittura all’1,9%. In due modi. Tagliando lo 0,2%, circa 3,5 miliardi, dal fondo, e ottenendo flessibilità sui soldi stanziati per il dissesto idrogeologico e le spese emergenziali (attualmente 3 miliardi, che potrebbero salire fino a 5), per le quali Luigi Di Maio ha annunciato “misure speciali che permetteranno ai sindaci di utilizzare velocemente quel denaro”.
Un ulteriore segnale a Bruxelles verrebbe dato attraverso uno sprint sul versante delle dismissioni, e con un piano di abbattimento del debito pubblico che, scrive l’Ansa, consterebbe anche nel pagamento dei premi di risultato ai dipendenti pubblici in Btp italiani.
Ma senza simulazioni, il piano non ha un riscontro reale sui conti pubblici. E per la Commissione le chiacchere stanno a zero. Unito al fatto che Matteo Salvini ha tutto l’interesse a posticipare l’annuncio dell’asciugamento delle misure a dopo la manifestazione che vedrà convergere i leghisti di tutta Italia a Roma sabato prossimo, il vertice (a cui hanno partecipato oltre a Giuseppe Conte anche Riccardo Fraccaro, Laura Castelli e Massimo Garavaglia) ha limato alcuni punti che dividevano M5s e Carroccio in vista dell’approdo della manovra al Senato. I 5 stelle incassano l’innalzamento del taglio delle pensioni d’oro dal 25% al 40%, la Lega lo stralcio di tasse sulle auto non ecologiche (rimane in campo l’ipotesi di incentivi per quelle che lo sono) e il via libera definitivo al saldo e stralcio delle cartelle di Equitalia.
Il vicepremier pentastellato aveva infatti provato a inserire le norme per decurtare gli assegni sopra i 4.500 euro già nel testo della manovra che si appresta a ricevere il via libera dalla Camera. Ma la Lega aveva sbarrato la strada, chiedendo per il lasciapassare l’inserimento della quota 100. Solo che così Di Maio sarebbe rimasto con il reddito di cittadinanza in mano e con il Carroccio passato all’incasso totale. Alla fine non se ne fece nulla. È la logica del pedinamento reciproco che caratterizza da mesi le relazioni tra i due azionisti di governo. Ed è proprio in questo ragionamento che si colloca lo scambio odierno. All’insegna del massimo risultato per entrambi. Perché Di Maio porta a casa un taglio molto elevato delle pensioni d’oro (fino al 40%) e Salvini, dal canto suo, ferma la tassa sulle auto inquinanti, entrata nella legge di bilancio attraverso un emendamento targato M5s. A rendere la bilancia perfettamente in equilibrio arriva anche una misura cara alla Lega: il saldo e stralcio per le cartelle Equitalia.
Scendendo nel dettaglio delle misure, il taglio degli assegni d’oro – che arriverà con un emendamento alla manovra in Senato – dovrebbe ricalcare uno schema progressivo a scaglioni. Secondo quanto riferiscono fonti di governo a Huffpost il taglio del 40% dovrebbe riguardare i redditi che sfiorano i 500mila euro. A scendere il 16% (tra 200.001 fino a 500mila euro), il 12% (tra 130.001 e 200mila), l’8% (tra 90.001 e 130mila euro). I risparmi ottenuti andranno a sostenere i costi per innalzare le pensioni minime a 780 euro al mese.
Lo stop all’ecotassa è il bottino di Salvini. Non ci saranno penalizzazioni per le auto in circolazione, ma questo richiederà necessariamente ridurre gli incentivi per i modelli elettrici e ibridi o, in alternativa, trovare nuove coperture per garantire il bonus. Opzione quest’ultima assai complessa nella cornice di una manovra che deve necessariamente dimagrire per provare a raggiungere un’intesa con Bruxelles ed evitare così la procedura d’infrazione.
Il saldo e stralcio delle cartelle di Equitalia prevede un maxi-sconto: basterà pagare il 15% del dovuto per vedersi annullato il debito contratto con il Fisco. Riguarderà le cartelle di medio importo, in una forbice compresa tra i 30 e i 90mila euro circa. Una misura che Salvini ha voluto a tutti i costi, che potrà spendere anche per recuperare quella fiducia da parte degli imprenditori del Nord che si sta erodendo. Il saldo e stralcio era già frutto di un accordo politico con i 5 Stelle che non era riuscito però confluire nel decreto fiscale per il caos sul condono. Anche per questa misura la volta buona sarà il passaggio parlamentare della manovra a palazzo Madama. Solo allora si capirà se l’auspicio di Di Maio – trattare senza tradire – si sarà rivelato accettabile per gli elettori 5s e per quelli della Lega oppure se la manovra sarà diventata alla fine un fragile specchietto per le allodole.
L’HUFFPOST
This entry was posted on venerdì, Dicembre 7th, 2018 at 08:34 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.