Lite su Frontex, quote e asilo. Migranti, l’Ue torna all’anno zero

marco bresolin
inviato a bruxelles

Non c’è intesa sul potenziamento di Frontex. Non c’è intesa sulla riforma dell’asilo. Non c’è intesa sul rinnovo del mandato dell’operazione Sophia. Non c’è intesa nemmeno sulle soluzioni-ponte per redistribuire su base volontaria i migranti sbarcati sulle coste europee. E l’ipotesi delle quote immigratorie sembra ormai tramontata definitivamente. Sulla gestione dell’immigrazione l’Ue è all’anno zero. Si va dunque avanti con le regole attuali, quelle che l’Italia contesta perché lasciano sulle coste dello Stivale tutto il peso dei flussi che arrivano dal Mediterraneo Centrale.

«Abbiamo come l’impressione che Matteo Salvini non abbia alcun interesse a risolvere la questione. Evidentemente considera che questa situazione di stallo sia molto più conveniente elettoralmente». È l’ambasciatore di un importante Paese europeo a sfogarsi con questa riflessione al termine del Consiglio Affari interni, terminato con l’ennesimo nulla di fatto. Alla delicata e tesa riunione di ieri non c’era il ministro dell’Interno a rappresentare l’Italia, ma il suo sottosegretario Nicola Molteni. Spetterà ora al premier Giuseppe Conte affrontare il nodo al tavolo del Consiglio europeo in agenda giovedì prossimo.

Liti sulle missioni

Ieri mattina i ministri hanno cercato di trovare un compromesso sul potenziamento di Frontex, ma non è stato possibile fare grandi progressi. Il Consiglio ha raggiunto soltanto un’intesa parziale per dare alla nuova Guardia Costiera e di Frontiera Ue un maggior ruolo sul fronte dei rimpatri e nella collaborazione con i Paesi extra-Ue.

Ma restano due grandi nodi irrisolti. Da un lato non c’è accordo sulle tempistiche per il potenziamento delle pattuglie Frontex, dall’altro permangono i dubbi sull’ampliamento del mandato, che per alcuni Paesi pone un conflitto in termini di sovranità. L’Italia è tra i Paesi più critici su questo fronte.

La Commissione aveva proposto di portare a diecimila il numero degli agenti già entro il 2020, ma l’Austria – presidente di turno dell’Ue – ha definito «irrealizzabile» questo obiettivo: «Non prima del 2027», dice il ministro dell’Interno, Herbert Kickl. La Germania propone di arrivarci nel 2025. Ma una sintesi non c’è.

Il trattato di Lisbona

Stesso discorso per la riforma del diritto d’asilo, che comprende sette diverse proposte legislative. La Commissione preme per andare avanti con le cinque su cui c’è l’accordo e lasciare in sospeso i due più divisivi, tra cui la riforma di Dublino. Francia e Germania hanno spinto in questa direzione, ma l’Italia insiste nel dire «no» allo spacchettamento. In questa battaglia ha trovato la sponda dei Paesi del Sud, come Malta, Spagna, Grecia e Cipro. A cui si sono aggiunte – con motivazioni opposte – Polonia e Ungheria. Il blocco di Paesi contrari alla redistribuzione obbligatoria, però, non ha alcuna intenzione di mollare. E la stessa Commissione ha ammesso che «la discussione sulle quote obbligatorie è ormai esaurita».

Dimitris Avramopoulos ha insistito sulla necessità di trovare «soluzioni-ponte» attraverso accordi temporanei. L’Austria ha fatto circolare un piano che prevede interventi mirati su base regionale e ricollocamenti solo su base volontaria, anche in casi di forti flussi migratori. Non ha riscosso grande successo.

Oggi il Comitato politico e di sicurezza affronterà invece la grana Sophia. Non c’è un’intesa sulla revisione del mandato (che prevede gli sbarchi solo in Italia), in scadenza il prossimo 31 dicembre. Il Servizio per l’azione esterna dell’Ue vuole una proroga tecnica di sei mesi per poter continuare i negoziati, ma Salvini ha già minacciato lo stop all’operazione. Uno scenario che a questo punto non è da escludere.

LA STAMPA

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