La Fornero resta com’è mentre Lega e M5S litigano sulle pensioni

Vale, perciò, la pena di mettere in fila i vari escamotage cominciando dall’ultimo arrivato. «Quota 100» è costruita come sommatoria tra l’età anagrafica (62 anni minimo) e l’anzianità contributiva (38 anni). Dal primo gennaio 2019 i nati nel 1957 che siano al lavoro continuativamente dal 1981 (o prima se vi sono discontinuità) potranno valutare la possibilità di ritirarsi. I dipendenti del settore privato dovranno aspettare tre mesi (chi matura i requisiti a gennaio dovrà attendere aprile, mentre la finestra di maggio si apre per quelli di febbraio e così via), chi lavora nelle amministrazioni pubbliche dovrà attendere sei mesi (a eccezione degli insegnanti per i quali i mesi di attesa sono otto). Ovviamente, si percepirà una pensione più magra e per 5 anni non si potrà cumulare reddito da lavoro (oltre il tetto massimo di 5mila euro). Questo stratagemma dovrebbe consentire di spendere solo 4,7 miliardi nel 2019.

Resteranno pertanto in piedi l’Ape social (63 anni se disoccupati o con malati da accudire) e opzione donna (58-59 anni e 35 di contributi) ma andranno inseriti nella manovra. Non servono gli stanziamenti del ddl Bilancio per i pensionamenti anticipati per i lavori usuranti (41 anni di contribuzione) e per l’Ape volontario (63 anni e 5 mesi con 20 di contribuzione) di pari passo con la Fornero (67 anni con 20 anni di contributi o 42 anni e 10 mesi di contributi). Nel 2022, come detto, si passerà a quota 41 che è più vantaggiosa dei 43 anni e 3 mesi che dovrebbero scattare con la Fornero, mentre quota 100 resterebbe per i lavori usuranti.

Il tema pensioni ha pure notevole peso politico: sul tema Lega e M5S litigano quotidianamente sui propri capisaldi. Al Carroccio non vanno bene i tagli draconiani proposti dai grillini per le pensioni d’oro, concentrate soprattutto al Nord. Ieri il vicepremier Salvini ha cercato di mediare per evitare altri incidenti diplomatici. «Se qualcuno prende 5, 6, 7, 10mila euro al mese non coperti da contributi, darà il suo aiuto a chi non ce la fa perché la stragrande maggioranza dei pensionati italiani è stata massacrata dai governi precedenti», ha dichiarato. Insomma, ha concluso il ministro, «la soluzione la troviamo, le megapensioni non coperte da contributi avranno un sacrificio, le altre non si toccano».

Anche la Lega, però, sta pensando di insidiare i Cinque stelle sul tema. Gli assegni sociali Inps potrebbero essere assoggettati a una doppia verifica aggiungendo anche l’Isee al requisito reddituale per risparmiare su una spesa annua di 39 miliardi. A Di Maio tutto questo potrebbe non piacere.

IL GIORNALE

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