Manovra, un negoziato che conferma la fragilità del governo

Avvertire, però, che l’esecutivo non è disposto ad accettare altre richieste di tagli, conferma quanto sia sulla difensiva: con Conte e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, chiusi anche ieri pomeriggio a Palazzo Chigi per un ultimo vertice. Partito con una dose di supponenza inspiegabile, il negoziato con la Commissione ha misurato per intero la fragilità della maggioranza giallo-verde; e il rischio di isolamento non tanto rispetto alle istituzioni di Bruxelles, ma tra gli altri 26 Stati dell’Ue. Questo ha costretto Luigi Di Maio e Salvini a cambiare toni e pretese. E l’«esecutore» del loro contratto è diventato mediatore: anche perché altrimenti si sarebbe complicata la trattativa, dopo gli insulti tra Roma e Bruxelles. Giurando di non avere rinunciato alle promesse elettorali, Di Maio e Salvini hanno finito per accogliere le obiezioni europee. E Conte ha potuto piegare le loro resistenze perché il pericolo di un commissariamento è diventato di colpo una prospettiva concreta; e perché sapeva di avere dalla sua parte il Quirinale. Proprio ieri, parlando al corpo diplomatico, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha esaltato l’importanza dell’Europa e di una politica multilaterale. Ha avvertito che l’appartenenza alla comunità internazionale «non può essere parziale o a intermittenza». E ha additato i rischi dell’unilateralismo e dei conflitti che porterebbe con sé: un’analisi arrivata proprio nelle ore decisive del negoziato. È il segno che la strada imboccata è giusta; ma anche che il governo deve andare avanti senza scarti e strappi: nemmeno al suo interno.

CORRIERE.IT

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