Manovra, il Quirinale celebra il governo addomesticato

C’è tutta l’antica sapienza democristiana nel passaggio in cui Sergio Mattarella, nel tradizionale discorso alle Alte Cariche, presenta la resa del governo come una sua scelta consapevole di responsabilità, e, perché no, il successo politico anche del Colle come una vittoria di tutti, non di una parte che prevale su un’altra: “Ho valutato molto positivamente la scelta del governo di avviare un dialogo costruttivo con la Commissione europea – che ha agito con spirito collaborativo – sulla manovra di bilancio per giungere a soluzione condivise”. Se la bestia sovranista è stata addomesticata, non c’è ragione – politica e di stile – per risvegliarla. Perché, in fondo, conta il risultato. Raggiunto senza ricorrere al repertorio di strappi, moniti e reprimende, con la granitica convinzione che esacerbare il conflitto con un pubblico braccio di ferro, avrebbe sortito l’effetto opposto.

Le immagini, si sa, in questi casi rendono più delle parole. E basterebbe una sequenza di istantanee dei volti al ricevimento al Quirinale per dare la misura di un clima dimesso e di un equilibro cambiato. Di quelle che ci sono, come Luigi Di Maio, visibilmente provato, degli assenti come Salvini, corso a Milano per partecipare alla recita di Natale della figlia, ottima ragione per sottrarre il suo volto al giorno della resa, di quelli come Giancarlo Giorgetti, particolarmente a suo agio con i vecchi amici del centrodestra in grande spolvero, che si abbandona a considerazioni su quanto la strada a questo punto si faccia impervia e difficile. Finalmente sorridente, dopo settimane di tensione, voci di dimissioni, numeri nervosi, il ministro Tria parla più con Gianni Letta che con i suoi colleghi di governo.

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