Dopo la Siria, via dall’Afghanistan: Trump ritira altri soldati e il generale Mattis se ne va
“Il presidente merita un ministro della difesa che sia più allineato alle sue posizioni”, si legge nella lettera di dimissioni che il generale pluridecorato ha consegnato a sorpresa alla Casa Bianca prima di abbandonare l’amministrazione. Un gesto inevitabile, quello di Mattis, in opposizione alla decisione del presidente di ritirare le truppe statunitensi dalla Siria e di ridurre la presenza degli oltre 14mila soldati che operano in Afghanistan. Un disimpegno quest’ultimo che potrebbe iniziare già nelle prossime settimane con un rientro di almeno 7mila militari per arrivare presto a un totale azzeramento della presenza statunitense nel Paese. Il capo del Pentagono giudica entrambe le decisioni “un errore strategico”. Fino all’ultimo aveva tentato, senza successo, di convincere Trump a cambiare idea e a lasciare in Siria i militari americani impegnati nella lotta ai tagliagole dello Stato islamico che, secondo i vertici del Pentagono, non sarebbe affatto finita.
Quella di Mattis, che durante la sua straordinaria carriera militare era stato soprannominato “Mad Dog” (cane pazzo), è l’ennesima defezione alla Casa Bianca. Il generale lascerà ufficialmente l’incarico il prossimo 28 febbraio dopo poco più di due anni alla difesa. Sessantottenne, era andato in pensione dalla Marina Militare nel 2013 dopo 41 anni di carriera durante la quale era stato a capo delle operazioni statunitensi in Kuwait, Afghanistan e Iraq. Trump perde, in questo modo, uno dei membri più autorevoli della sua amministrazione, stimato e apprezzato sia in America sia all’estero. Il nuovo capo del Pentagono si troverà sulla scrivania diverse questioni in sospeso. Non dovrà laborare soltanto ai fronti caldi in Siria e Afghanistan, ma dovrà anche intrecciare relazioni pericolose con il leader nordcoreano Kim Jong-un, l’Iran, la Cina e, soprattutto, la Russia di Vladimir Putin.
IL GIORNALE
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