Pensioni, sale l’età: 5 mesi in più anche per le uscite anticipate. E su quota 100 si rischia l’ingorgo
di Enrico Marro
Il governo farà bene ad accelerare su «quota 100», altrimenti rischia che la gestione concreta della riforma che consentirà di andare in pensione a 62 anni con 38 di contributi finisca nel caos, con gravi ritardi nell’applicazione delle novità. Il fatto che il decreto legge tante volte annunciato non sia stato ancora approvato dal consiglio dei ministri (si dice che lo sarà la prossima settimana) apre già una serie di problemi, visto che siamo al 2 di gennaio.
5 mesi già aumentati
Prendiamo, per esempio, la decisione che il governo ha preso a livello politico, ma appunto ancora non ha tradotto in norme di legge, di non far scattare l’aumento di 5 mesi del requisito per la pensione anticipata, quella che fino al 31 dicembre si raggiungeva con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall’età. Bene, da ieri, cioè dal primo gennaio 2019 l’aumento, calcolato sulla base delle leggi vigenti in relazione alla speranza di vita, è già scattato. Sia per la pensione di vecchiaia, dove ora servono 67 anni d’età (e 20 di contributi) e non più 66 anni e 7 mesi, come fino al 31 dicembre 2018, sia appunto sulla pensione anticipata, per la quale ora ci vogliono 43 anni e 3 mesi (un anno in meno per le donne). Non a caso, nella bozza del decreto legge su «quota 100» preparata qualche settimana fa si legge l’appunto: «Attenzione! La norma deve entrare in vigore il primo gennaio 2019». Cosa che non è successa. E quindi ora il decreto dovrà eventualmente ridurre di 5 mesi l’adeguamento nel frattempo scattato. Stessa cosa anche per i lavoratori «precoci» (quelli che hanno cominciato prima dei 18 anni), ai quali servono da ieri 41 anni e 5 mesi per andare in pensione contro i 41 anni del 2018. Anche qui il governo voleva bloccare l’aumento.
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