Di Maio e Di Battista, i due leader diversi che giocano a fare come Coppi e Bartali

ROMA «Maledetto, sei il leader», gli aveva detto Beppe Grillo, durante una conferenza stampa del settembre 2015. E lui, Luigi Di Maio, già all’epoca rappresentazione antropologica e plastica dell’ala dei M5S più incline al governo che alla lotta, quel giorno aveva portato a casa — con due anni di anticipo — l’incoronazione a «capo politico» che sarebbe diventata ufficiale nel 2017.

L’«altro» di questa storia, il protagonista diventato antagonista per forza di cose, l’uomo delle barricate più che delle trattative, e cioè Alessandro Di Battista, s’era preso la sua piccola rivincita girando nell’estate successiva l’Italia a bordo di uno scooter, a far campagna contro la riforma della Costituzione di Renzi, per poi concludere il tour nella bollente piazza di Nettuno guarda caso nei giorni peggiori della carriera di Di Maio, travolto da un ciclone di omissioni, e-mail non lette e avvisi di garanzia tenuti nascosti che aveva come epicentro il Campidoglio di Virginia Raggi.

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