Governo, la maggioranza al Senato ha solo 4 voti di margine. E torna l’ansia da numeri

A Palazzo Madama la soglia per la maggioranza è a quota 161 senatori. I leghisti (58) e i pentastellati (107, dopo le due espulsioni di San Silvestro) hanno appunto 4 voti di vantaggio. E, nel caso in cui dovessero essere cacciate anche le due senatrici ancora «sub iudice», si arriverebbe a quota 163, appena due voti sopra il quorum. Quando nacque il governo, Giuseppe Conte poté contare su 171 voti di fiducia, ben 10 oltre la soglia necessaria. Perché ai leghisti e ai cinquestelle si aggiunsero quelli esterni di due ex M5S, Maurizio Buccarella («Continuerò a votare con questa maggioranza», afferma) e Carlo Martelli, espulsi sin dall’inizio legislatura, e quelli di due eletti all’estero del Maie. Voti che, a questo punto, potrebbero diventare decisivi. I conti A consultare la torta dei numeri di Camera e Senato, l’unica maggioranza possibile sembra essere quella attuale. Ma il problema si porrebbe nel momento in cui il governo dovesse andare sotto. «Maggioranze alternative non ce ne sono — assicura Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato —. Certo, i numeri si assottigliano e dovremo fare più attenzione negli iter parlamentari». Una maggioranza alternativa? La via sarebbe molto stretta anche se il centrodestra si riunisse in blocco. Sommando i seggi di Lega (58), Forza Italia (61) e Fratelli d’Italia (18) si arriverebbe a quota 137. Per la maggioranza mancherebbero ancora 24 voti.

Scenario diverso o a Montecitorio, dove la maggioranza formata da M5S (220), Lega (125) e Gruppo misto (7) raggiunge quota 352, con 36 voti di margine. Per il governo, in caso di emergenza al Senato, la stampella più semplice sarebbe quella di FdI, che conta 18 senatori. Ma per ora, il capogruppo frena: «Non c’è all’orizzonte nessuna operazione misteriosa», dice Luca Ciriani. Per un’ulteriore ipotesi, si dovrebbe guardare al Pd. Sommando i senatori di M5S (107) e quelli dem (52) si arriverebbe a quota 159, ma in quel caso non mancherebbe l’apporto dal Misto, dove i 14 seggi sono occupati in gran parte da eletti di Leu ed ex M5S. Ma, anche se ancora non si conosce l’esito delle primarie del Pd, i principali candidati, a cominciare da Maurizio Martina e Nicola Zingaretti, hanno già escluso l’alleanza con i 5 Stelle.

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