Da Di Maio a Warren, la politica che ha il terrore di apparire élite
di Pierluigi Battista
E dunque Elizabeth Warren annuncia la sua candidatura alle primarie democratiche per la Casa Bianca nel cortile di casa. Sull’erba, dove di solito troneggia il barbecue celebrato dall’everyman americano visto in tanti film. Con il marito accanto, per dare alla scena un tocco di familiarità confidenziale. E il cane accanto, che intenerisce la figura: anche se in campagna elettorale, un cane non funzionò benissimo con Mario Monti che voleva smentire la sua fama di algido tecnocrate e diventare un po’ più popolare.
Populista, proprio no, ma popolare certo che sì. Perché nell’era del discredito massimo delle élite, nell’epoca in cui chiunque faccia parte dell’establishment deve dimostrare di essere molto lontano dall’establishment, nell’era della rivolta degli esclusi, la solennità va bandita. Bisogna che i politici mostrino un volto informale, colloquiale, normale, comune. Bisogna che da ogni loro gesto emani questa massima: siamo come voi, siamo quelli del pianerottolo, siamo quelli che andiamo in autobus alla cerimonia in cui, come Roberto Fico, diventeremo presidenti della Camera dei deputati. Uno di voi, con il controllore che si assicura che il biglietto sia stato debitamente obliterato.
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