Apple pesa sulle Borse. L’incertezza spinge l’oro ai massimi da sei mesi
Questa mattina erano state le Piazze asiatiche a prender atto della revisione al ribasso degli affari stimati da Cupertino, che ieri sera a Wall Street è arrivata a perdere oltre 8 punti percentuali, e ad andare in difficoltà sono stati in primo luogo gli operatori nel settore tecnologico a monte degli iPhone. Con Tokyo ancora chiusa per festività, Shanghai ha perso lo 0,9% e Shenzhen ha limato lo 0,8%. Hong Kong ha lasciato sul terreno lo 0,26%. Deboli anche i future americani: ieri sera, dopo un avvio choc il Dow Jones si è ripreso per chiudere la seduta inaugurale dell’anno con un rialzo dello 0,08% e il Nasdaq dello 0,46%. A trainare la risalita è stato il comparto energetico, che ha beneficiato della ripresa del petrolio oggi già svanita.
Sul fronte valutario, oggi, si sono visti movimenti significativi, con lo yen in apprezzamento come bene-rifugio (e anche per la scarsa liquidità di queste giornate). L’euro si presenta oggi a 1,1363 dollari e 121,45 yen. Il biglietto verde cede contro la divisa del Sol levante a 106,88. Lo yuan si è indebolito di 149 punti base sul dollaro dopo che la Banca centrale cinese ha fissato la parità bilaterale a quota 6,8631: a ridosso della chiusura dei listini azionari, il renminbi fa segnare uno spot rate di 6,8774 (+0,26%).
Anche l’oro – altro porto sicuro in tempi volatili – si è rafforzato portandosi ai massimi da sei mesi: sui mercati asiatici il lingotto con consegna immediata ha guadagnato lo 0,4% a 1.289,23 dollari l’oncia. “Ancora una volta le difficoltà delle borse spingono al rialzo l’oro. Ma sui mercati pesano soprattutto le aspettative per un rallentamento dell’economia globale nel 2019/2020. Questo scenario potrebbe generare altre frenate dei listini ed anche spingere la Federal Reserve a rallentare il percorso di rialzo del costo del denaro per scongiurare il rischio di una recessione”, commenta Carlo Alberto De Casa, analista di ActivTrades. Da non sottovalutare, per l’esperto, “il fatto che, dopo quattro mesi di ribassi, da ottobre in poi il settore defli ETF aurei ha ricominciato a far registrare acquisti: la fame di oro degli operatori appare in continua crescita”.
Il petrolio è tornato questa mattina di nuovo in calo sui timori per la crescita globale: i contratti sul greggio Wti con scadenza a febbraio cedono il 2,5% a 45,57 dollari al barile; il Brent cede 66 centesimi a 54,25 dollari dopo essere salito del 2,1% ieri.
Banche centrali, elezioni e rallentamento economico: i rischi del 2019 sui mercati
a cura di RAFFAELE RICCIARDI L’agenda odierna è ancora abbastanza scarica, visto il periodo semi-festivo. I fari si puntano sugli Usa: lo shutdown federale americano – la paralisi di alcune attività per mancanza di budget – entra oggi nel suo tredicesimo giorno. Ieri l’incontro tra il presidente Trump e i leader di tutti e due i partiti al Congresso è finito senza un accordo. La Casa Bianca ha invitato i legislatori di nuovo a ripresentarsi domani. Tra gli investitori, intanto, monta la convinzione che la Fed non alzerà i tassi nel 2019. Il mese scorso la Banca centrale Usa aveva detto di prevedere due strette. Stando ai future sui Fed Funds, però, le probabilità che il 2019 finisca con tassi ai livelli attuali o più bassi erano ieri all’87%; solo all’inizio di novembre c’era il 90% di chance che il costo del denaro sarebbe invece salito entro la fine dell’anno. Sul fronte macroeconomico in arrivo una serie di dati dagli Stati Uniti, tra i quali l’indice Ism manifatturiero, le scorte di petrolio settimanali, i nuovi occupati non agricoli e le richieste dei sussidi di disoccupazione.
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