Tre azioni per aiutare la crescita

Lo strumento di stimolo fiscale (cioè l’aumento della spesa e/o la diminuzione delle tasse), invece, non è comune. Tuttavia, se la situazione si dovesse aggravare, un coordinamento europeo nell’utilizzo di questi stimoli economici dovrebbe essere possibile e auspicabile anche perché le politiche fiscali — proprio se coordinate — sono più efficaci. In ambedue i casi — politica monetaria e fiscale — l’azione comune necessita di un dialogo costruttivo tra Paesi che implica fiducia nella consapevolezza che le nostre economie sono molto integrate e agire da soli non è possibile. Per l’Italia sarà senz’altro importante potere beneficiare del prolungamento della politica dei tassi bassi annunciata dalla Bce, ma anche con tassi bassi rimane il problema del rischio Paese che si riflette sul costo di rifinanziamento del debito pubblico e ha ripercussioni sul costo del credito. Per beneficiare dei vantaggi della politica monetaria comune è importante tenere a bada il rischio Paese e riuscire a farlo in una situazione congiunturale negativa, cioè in un’economia che rallenta in modo ciclico, ma che incide su una crescita media molto bassa: in Italia un rallentamento dell’1% del Pil significa crescita zero, in Germania lo stesso rallentamento implica una crescita dell’1%. Il percorso è certamente stretto ma non impossibile.

Primo, è necessario agire proprio sul problema della nostra crescita media-bassa, la cosiddetta crescita potenziale, problema che ha a che fare con dati strutturali di debolezza del Paese, più che con l’andamento ciclico. Il governo deve ancora spiegarci cosa vuole fare per cominciare ad affrontare questo problema. Se è vero che si prepara a restare per cinque anni e grazie al largo consenso di cui gode, le condizioni sono ideali per mettere in campo un programma con un orizzonte lungo che vada oltre il ciclo elettorale. Secondo, agire di concerto con l’Europa sul piano della politica di bilancio. Con il nostro debito pubblico non è pensabile mettere in cantiere misure che implichino un aumento ulteriore del deficit. In quel caso saremmo penalizzati da un aumento dei tassi sul debito pubblico dovuto all’aumento del rischio Paese che ne conseguirebbe. Tuttavia, l’Italia può dare un contributo costruttivo alla discussione europea sulla necessità di uno stimolo fiscale concordato, guidato da quei Paesi che hanno spazio per farlo. Indirettamente ne saremmo beneficiari. Terzo, affrontare in modo rigoroso e tempestivo i problemi di fragilità del nostro sistema bancario che potrebbero aggravarsi nel caso di un rallentamento congiunturale con conseguenze di instabilità finanziaria, costo del credito e molto probabilmente pressioni sulle casse dello Stato.

CORRIERE.IT

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