Fondo da 1,3 miliardi per salvare Banca Carige

Il nuovo decreto è quasi identica al decreto Gentiloni per i salvataggi di Mps e banche venete. Preceduti dal caso Etruria. Nel week end del 21-22 novembre 2015 vengono messe in risoluzione Carichieti, CariFerrara, Banca Marche e l’Etruria. Viene applicato il cosiddetto «burden sharing» che prevede il coinvolgimento anche degli obbligazionisti subordinati e non solo degli azionisti. A carico del Fondo di Risoluzione, pagato dalle altre banche private, va un conto di oltre 5 miliardi. Nel 2017 Etruria, Marche e Chieti sono assorbite da Ubi, Cariferrara da Bper. Nella primavera del 2016 scoppia il bubbone di Veneto Banca e Pop Vicenza. Dopo aver tentato la quotazione in Borsa e dopo l’intervento nel capitale del Fondo Atlante, nel 2017 le due banche chiedono la «ricapitalizzazione precauzionale» che però non viene concessa. Le venete non vengono poste in risoluzione ma liquidate secondo la legge italiana. Vengono poi comprate per 1 euro da Intesa Sanpaolo che ottiene 5 miliardi di sostegno del capitale e le sofferenze sono acquisite dalla Sga, la «bad bank» del Tesoro. Il copione che pare però aver più ispirato il governo su Carige è quello del «film» su Mps. Nel giugno 2017 la Ue autorizza la «ricapitalizzazione precauzionale» poichè il Monte non aveva superato gli stress test. Interviene lo Stato versando 5,4 miliardi e una grossa fetta di crediti deteriorati viene ceduta al fondo Atlante. Oggi il Tesoro ha circa il 70% di Rocca Salimbeni e deve scendere dal Monte entro il 2021. Genova avrà lo stesso destino di Siena? «Confidiamo nella logica di mercato, ci sono ancora azionisti che possono ricapitalizzare. Se questo non avverrà, confidiamo in operazioni di aggregazione», ha detto ieri il premier Giuseppe Conte. Con le dita incrociate.

IL GIORNALE

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