Autogol politico
Il ruolo istituzionale di Di Maio è inconciliabile con le sue irrefrenabili pulsioni di democrazia piazzaiola e violenta. Ai tempi di Togliatti e del vecchio Pci si inseguiva il mito del partito di lotta e di governo. Durò poco, fino al maggio 1947, e si basava sul presupposto del dominio del partito sulla piazza. Il Pci inseguiva l’egemonia, non il caos. La formula Di Maio sembra inseguire il caos della protesta fine a se stessa, per di più da uno scranno ministeriale.
Poi le aperture pentastellate verso i Gilet gialli, rigettate da Jacline Mouraud. Di Maio dimentica che gli attacchi al governo alla Francia ne hanno offeso l’orgoglio nazionale. Di Maio ripete la gaffe di Grillo che a Bruxelles bussò alla porta dei liberali per farsi sbattere la porta in faccia. Infine, c’è l’interesse nazionale. Abbiamo ottenuto una concessione sul filo di lana su deficit e debito. Ma siamo sub judice e invece solidarizziamo con i violenti. Questo è autolesionismo.
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