Turismo, un ministero fantasma: progetti e dipendenti dimezzati

Non si torna indietro, quindi, ma non è quello che era scritto nel contratto di governo dove si prospettava la creazione di «un ministero specifico, dotato di portafoglio» e, nel frattempo, «per non pesare sul bilancio e non generare un impatto negativo sul fronte organizzativo» si sarebbe dovuto operare in modo graduale con la creazione di un dipartimento della Presidenza del Consiglio.

Una bella differenza rispetto ai progetti iniziali. A quasi otto mesi dalla firma del contratto, del ministero del Turismo non c’è traccia in alcuna delle migliaia di polemiche quotidiane. Il dipartimento è stato destinato al ministero per le Politiche Agricole fra le perplessità degli addetti al settore e ha impiegato quasi tutto il tempo a completare il passaggio racimolando una bocciatura da parte del Consiglio di Stato e perdendo gran parte del suo personale. Ad accettare il trasferimento sono stati in 22 su 42: quasi la metà ha preferito rimanere al ministero dei Beni Culturali. Fra i trasferiti nessun dirigente tra contratti scaduti e incarichi modificati.

Non sono le premesse migliori per avviare una nuova macchina burocratica e infatti finora non si è avviato molto. L’unico atto formale completo è il Regolamento di riorganizzazione del ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo che definisce il trasferimento tra i due ministeri e che è stato bocciato il 28 dicembre dal Consiglio di Stato. I magistrati rivolgono diverse critiche. Innanzitutto troppa superficialità, sostengono i giudici. Manca la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato, che «deve essere acquisita», manca il titolo e ci sono frasi prive di senso perché sono saltate alcune parti. Nelle premesse ci si è anche dimenticati di richiamare il decreto del 12 luglio con cui si è deciso di scorporare il dipartimento del turismo dai Beni culturali, anche se rappresenta «la base giuridica per adozione del testo in esame».

Ci sono poi critiche sul contenuto. Siamo in presenza piuttosto di una mera sommatoria di competenze spostate tra direzioni generali «quasi con la tecnica del copia incolla». Ma soprattutto: dov’è il turismo? Non può essere un’appendice dell’agricoltura, avvertono i giudici del Consiglio di Stato.

«Il turismo non può essere riguardato come funzione ancillare di altre funzioni statali, siano esse quelle riguardanti i beni culturali siano quelle riguardanti l’agricoltura, l’alimentazione e le foreste, ma semmai come legante di un coordinamento complesso tra tutte le forme di presentazione e di produzione del territorio italiano nella loro potenzialità di fruizione turistica». Di conseguenza l’impianto ministeriale «sembra essere caratterizzato da una funzione servente del turismo a favore dello sviluppo delle attività agricole, alimentari e forestali, piuttosto che dalla istituzione di un luogo amministrativo di gestione del turismo italiano (per la competenza statale), come sicuramente era l’intenzione del Legislatore».

Soddisfatto Giorgio Mulè, deputato e portavoce di Fi alla Camera e al Senato che spera in una «tardiva, ancorché improbabile» marcia indietro. Pragmatico, Claudio Bocci, presidente di Federculture: «Vorrei che questa fosse l’occasione per un passo avanti al di là delle polemiche. Vorrei che, a prescindere da dove sia collocato, nelle decisioni in materia di politica turistica venga rafforzato l’aspetto della interministerialità introducendo una regia che tocchi più ministeri perché si tratta di una materia che spetta ai Beni Culturali, allo Sviluppo Economico, alla Salute, alle Politiche Agricole».

LA STAMPA

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