Il M5S insiste sul “no” alla Torino-Lione, ma ora Di Battista apre al voto popolare

federico capurso roma

Il Movimento 5 Stelle si tiene ben lontano dalla piazza di Torino che ha riunito i Sì alla Tav e accolto gli alleati di governo della Lega. Issa la bandiera del «No», si mostra compatto in favore di telecamere, agita il contratto di governo. Eppure, in questo rifiuto ostentato, il Movimento nasconde tre sfumature capaci, nei loro diversi epiloghi, di mandare in frantumi promesse e partito.

La piazza, di certo, impone all’attenzione di Luigi Di Maio un ulteriore problema di gestione, per una volta esterno al suo Movimento. La manifestazione dei leghisti ha fatto storcere il naso a una buona fetta dei Cinque Stelle, compresi quelli torinesi che la definiscono «problematica». E la mediazione del leader – che dice di non essere «scandalizzato per il fatto che la Lega dica Sì alla Tav» – rischia di non tenere insieme ancora a lungo le tante anime del suo partito. «Noi e la Lega siamo due forze che hanno convinzioni diverse – sottolinea Di Maio -. Per questo abbiamo firmato un contratto: perché ero sicuro che ci saremmo ritrovati in situazioni come questa».

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