Dopo le europee/ Come il voto può riscrivere le alleanze, il Pd al bivio

Luca Ricolfi

Sono sempre di meno, ormai, i politici e gli osservatori che pensano (o sperano) che le tensioni fra Lega e Movimento Cinque Stelle possano condurre a una rottura prima delle elezioni europee del prossimo maggio. Ed è logico: ormai si è capito che le scintille fra Salvini e Di Maio servono solo ad occupare la scena del circo mediatico, un gioco cui purtroppo il mondo dell’informazione, specie televisiva, ha difficoltà a non prestarsi.
La convinzione che il governo gialloverde, dopo aver superato lo scoglio della finanziaria, durerà almeno fino a maggio, si accompagna tuttavia alla convinzione opposta per il dopo-maggio: ben pochi sono disposti a scommettere che, incassati i consensi che saranno riusciti a incamerare alle Europee, non prevalga la tentazione di cambiare gioco. Vale per Salvini, cui converrebbe tornare al voto nella speranza di raddoppiare i seggi in Parlamento, ma vale forse anche per Di Maio, che potrebbe prima o poi dover constatare che l’abbraccio con la Lega gli costa troppo in termini di voti.

La vera incertezza che aleggia sulla politica italiana, su cui forse sarebbe il caso di cominciare a riflettere, è come si posizionerebbero le forze politiche nel caso di un ritorno alle urne. Qui le possibilità paiono essere solo due, diversissime fra loro. 

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