Ponte Morandi, la direzione della ricostruzione al Registro Navale Italiano, ente al centro di cause internazionali

Condannata in Francia per affondamento Erika

Il 12 dicembre 1999 la petroliera Erika, battente bandiera maltese e noleggiata dalla compagnia petrolifera Total, con un carico di circa 31.000 tonnellate di olio combustibile pesante, si imbatteva in una tempesta e naufragava nel Golfo di Biscaglia, a circa una sessantina di miglia dalla costa bretone francese. Si verificava un grave disastro ambientale poiché circa 19.800 tonnellate di olio si disperdevano in mare, provocando la morte di 150.000 uccelli e contaminando circa 400 chilometri di costa.

L’economia degli abitanti della costa atlantica veniva, dunque, gravemente compromessa. La conformità della petroliera agli standard richiesti era stata accertata dalla società RINA mediante il rilascio di una serie di certificazioni. Con sentenza emessa nel gennaio 2008, la Corte penale di Parigi riconosceva la responsabilità per il naufragio della petroliera Erica di Total SA, Giuseppe Savarese (l’armatore), Antonio Pollara (il conduttore) e RINA (la società esperta), condannandoli in solido al pagamento di € 192 milioni ($ 280 milioni USD). Tale decisione veniva confermata nel 2010 dalla Corte d’appello di Parigi e, successivamente, nel 2012 dalla Corte di Cassazione francese, la quale individuava un’ulteriore responsabilità per imperizia in capo alla Total.

Ponte Morandi, la direzione della ricostruzione al Registro Navale Italiano, ente al centro di cause internazionali

Condividi   Fra le voci che si sono stupite per l’importante incarico affidato a Rina per la ricostruzione del viadotto crollato a Genova il 14 agosto, c’è quella dell’ associazione Campagna Abiti Puliti, sezione italiana della Clean Clothes Campaign, rete di più 250 partner che ha lo scopo di migliorare le condizioni di lavoro e il rispetto dei diritti dei lavoratori dell’industria della moda globale. Deborah Lucchetti portavoce italiana del gruppo ha da poco accompagnato in una trasferta in Italia e Svizzera alcuni dei famigliari delle 250 vittime dell’incendio che nel 2012 distrusse la fabbrica di abiti Ali Enterprises di Karachi in Pakistan. 

L’edificio aveva ricevuto una certificazione dall’azienda italiana RINA per conto del Social Accountability International. “Certo – dice Lucchetti – penso che per molte persone l’affidamento a Rina di un compito tanto importante successivo ad una tragedia come quella del ponte Morandi possa sollevare questioni di opportunità visti i contenziosi che Rina ha ancora in corso non solo per quanto accaduto in Pakistan”.
Tra l’altro, dal punto di vista giudiziario sono mesi particolarmente importanti per il gruppo Rina.


Il rogo in Pakistan: archiviazione e nuove cause

Il primo capitolo, l’ultimo in ordine di tempo è senza dubbio positivo. Il gip del tribunale di Genova Cinzia Perroni ha infatti archiviato, come richiesto dal pm Marcello Maresca, la posizione di Roberto Cavanna, all’epoca legale rappresentante di Rina Services, ovvero la società che aveva attestato, tre mesi prima della tragedia, il rispetto da parte di Ali Enterprises dello standard di sicurezza “SA 800” .

A seguito di un esposto degli avvocati Stefano Bertone e Marco Bona dello studio torinese Ambrosio & Commodo che assiste molti famigliari delle vittime, l’allora procuratore aggiunto Raffaele Guariniello aveva aperto un fascicolo. Trasferito per competenza a Genova, l’accusa di falso non è stata ritenuta comprovata e Cavanna – che oggi lavora nel comparto di Rina Consulting quello che si occuperà del nuovo ponte Morandi – completamente prosciolto.

Ma per il Registro Navale Italiano (perché per questo fine nacque nel 1861 allargando negli ultimi decenni le sue competenze) la tragedia di Karachi avrà altre conseguenze. A giorni, infatti, lo studio legale “Ambrosio& Commodo” depositerà presso il tribunale di Genova un atto di citazione contro Rina Services per una causa civile finalizzata a ottenere un risarcimento per i danni morali subiti dai parenti delle 250 vittime.

Il distributore tedesco degli abiti che si producevano nella fabbrica bruciata, la KiK, ha accettato di pagare 6,15 milioni di dollari sotto forma di pensioni a lungo termine per i sopravvissuti e le famiglie delle vittime, per le spese mediche e la perdita di reddito. Ma una causa civile contro la stessa Kik è stata avviata a Dortmund anche in questo caso per il risarcimento morale. Le richieste, in Germania come a Genova saranno per decine di milioni di euro.


L’affondamento del traghetto Boccaccio

Ma nel capoluogo ligure Rina deve affrontare altri due processi civili entrambi legati all’affondamento, nel 2006, del traghetto Al Salaam Boccaccio 98 (già della flotta Tirrenia) avvenuto nel Mar Rosso e costato la vita a mille persone.

Si tratta di due cause gemelle promosso e da due gruppi distinti di parenti di vittime: 100 nel primo processo e 75 nel secondo. Entrambi i gruppi sono assistiti dagli avvocati Bertone e Bona. Il primo procedimento è fermo dal 2012. La Cassazione il 19 febbraio dovrà pronunciarsi sulla richiesta, accolta sia dal giudice del tribunale Pietro Spera che dalla Corte di Appello, di trasferire il processo per il risarcimento a Panama.

Il Rina sostiene di aver operato, per quanto riguarda la Boccaccio su delega dello stato di Panama e quindi ritiene che la competenza della giurisdizione sia quella dei tribunali della nazione centro americana, patria di intere flotte commerciali. Un argomento che era già stato affrontato nel 2010 all’avvio della causa, dall’amministratore delegato del Registro Ugo Salerno con queste parole: «Sebbene il Rina avesse classificato la nave, il certificato di sicurezza passeggeri era stato rilasciato da una società panamense incaricata dall’Autorità di bandiera ciononostante il Rina si era immediatamente messo a disposizione delle diverse autorità incaricate delle indagini».


La Corte di giustizia europea

Ma il giudice genovese Pietro Spera, investito anche della seconda causa dei parenti delle vittime e di nuovo alle prese con la richiesta di Rina di spostare il processo a Panama, ha deciso di procedere in maniera diversa. Il 12 di ottobre ha infatti depositato un’istanza presso la Corte di Giustizia Europea in Lussemburgo affinché decida se un “giudice possa negare la sussistenza della propria giurisdizione riconoscendo l’immunità giurisdizionale in favore di enti e persone giuridiche private esercenti attività di classificazione e certificazione aventi sede in tale Stato membro…” decidendo se debbano prevalere alcuni regolamenti rispetto ai principi sanciti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.


Jolly Nero e certificazioni facili

Ma sul fronte penale Rina ha un’ulteriore, pesante pendenza. E’ quella che riguarda l’inchiesta sulle cosiddette certificazioni facili alle compagnie di navigazione, che è una costola della maxi indagine scaturita dopo la tragedia del maggio 2013 quando la nave Jolly Nero urtò abbattendola la Torre piloti uccidendo nove persone.

Cronaca

Jolly Nero: il crollo fu anche colpa della posizione della Torre Piloti

L’esame delle certificazioni e degli attestati sulla sicurezza ha convinto il pm Walter Cotugno a indagare 35 persone: dirigenti e dipendenti del Rina e della Capitaneria di Porto. Nell’aprile 2017 finirono agli arresti domiciliari due ingegneri del Rina: Marco Benzi e Giorgio Ceroni, rispettivamente direttore del Settore Certificazioni e capo area. Sospesi dal servizio il capitano di fregata Marco Noris, all’epoca capo ufficio Sicurezza della Navigazione a Genova, e il capitano di vascello Antonio Sartorato. Indagato pure l’ammiraglio Luigi Giardino, capo ufficio del Sesto Reparto Sicurezza della Navigazione con sede a Roma. L’indagine è agli sgoccioli e si attendono le conclusioni della procura. Questa inchiesta si intreccia con quella della procura di Bari che indaga sull’incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic.

Nella notte tra il 28 ed il 29 dicembre 2014, scoppiava un incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic, in rotta tra il porto di Igoumenitsa, Grecia, ed il porto di Ancona, Italia. Seguivano molteplici intense operazioni di soccorso svolte da mezzi esterni per mare e per cielo da parte delle autorità di guardia costiera italiane e greche, con l’assistenza di navi commerciali, della durata di oltre 36 ore, al termine delle quali si contavano 31 vittime.
La conformità della nave agli standard richiesti era stata accertata dalla società Rina, contro la quale vi è un processo civile in corso oltre indagini penali ancora in corso.

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