Festival di Sanremo, Sony e Baglioni: il grande successo di ascolti spazza via il conflitto di interessi
Tradotto, per oscurare il caso migranti, c’è chi sostiene che Claudio Baglioni favorirebbe la Sony – o comunque i suoi artisti – perché è anche la sua storica casa discografica. Di più, si sottolinea che Morandi non ricoprì il ruolo di direttore artistico proprio per non rischiare lo stesso conflitto d’interesse. Tutto vero, ma gli attacchi a Baglioni sembrano ignorare almeno gli ultimi 10 anni di storia del Festival: nel periodo compreso tra il 2010 e il 2019, la Sony è stata l’etichetta più rappresentata durante l’intera manifestazione canora. Un record cresciuto negli anni, durante i Festival di Fabio Fazio, Morandi, Baglioni e tutti gli altri.
22/02/2014 Sanremo. 64 Festival della canzone italiana, la finale. Nella foto Fabio Fazio, Luciana Littizzetto
Un primato costruito nel tempo grazie a investimenti miranti – a torto o a ragione – sulla musica italiana. D’altra parte non bisogna dimenticare che in Italia Sony vuol dire Rca e un pezzo di Ricordi. Etichette della tradizione della musica popolare che al Festival trovano il loro sbocco naturale. Di conseguenza, Sanremo è spesso una vetrina più importante per gli artisti Sony rispetto a quelli delle altre grandi major come Universal e Warner.
D’altra parte proprio un anno fa il numero uno di Universal Music, Alessandro Massara, spiegava al Sole 24 Ore che in termini di numeri “Sanremo è irrilevante per i bilanci di Universal in Italia. Il music business si identifica con i consumi musicali dei giovani: era così quando i giovani ascoltavano i Beatles, è così oggi con il fenomeno urban. Noi stiamo lavorando molto su questo segmento ed episodi come l’exploit di Sfera Ebbasta ci danno ragione”. Fenomeni ancora lontani dalla cultura popolare, ma in fondo ragiona così anche la Warner che negli anni ha ridotto la propria squadra a Sanremo per concentrarsi su pochi, ma selezionati, artisti. A beneficiarne sono soprattutto gli indipendenti che possono sfruttare al massimo una vetrina televisiva di 5 giorni con oltre 10 milioni di telespettatori. Anche perché tra le case discografiche nessuna pare lamentarsi della situazione.
2012 Sanremo – Adriano Celentano e Gianni Morandi – foto di Daniele Venturelli/Getty Images
Non si lamenta di certo la Rai che lo scorso anno ha archiviato un’edizione record. Lo share medio si è attestato al 52,27% con 10 milioni 919 mila spettatori, “il risultato migliore degli ultimi 13 anni” aveva detto l’ex direttore di Rai1 Angelo Teodoli, spiegando che il Festival ha fatto segnare “40,5 milioni di italiani contattati, il 70% della popolazione, con una permanenza media di 5 ore e 49 minuti su 5 giornate”. I picchi di ascolti si sono registrati durante le esibizioni di Laura Pausini (artista della Warner) e Fiorello.
In fondo a Baglioni e alla commissione musicale, la Rai chiede semplicemente di organizzare un Festival capace di fare ascolti, incassare pubblicità e chiudere in utile. E dopo anni in cui la Kermesse canora perdeva un milione al giorno, i conti finalmente tornano.
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