Apertura sulle grandi opere, Di Maio dice sì ai cantieri. Ma rimane il veto sulla Tav

Da oggi non sarà più così, perché noi non siamo contro a prescindere, se si fanno rispettando l’ambiente e senza mazzette». Ovvio che il riferimento è alla Tav, sbandierata come esempio da non seguire, «perché devasta una valle e una montagna» e perché, ha detto ieri Alessandro Di Battista, «qualcuno si è già steccato delle tangenti».

Dal frontman mediatico Di Battista al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli, tutti saranno investiti del compito di rimodellare la narrazione sulle grandi opere. In piena campagna elettorale servirà ad accorciare le distanze dalla Lega, nella speranza di recuperare consenso nelle regioni settentrionali dove il M5S si è alienato la simpatia di aziende e imprenditori spaventati dall’immagine dei 5 Stelle come sabotatori di cantieri. I primi passi sono le modifiche al codice degli appalti e l’innalzamento a 150 mila euro degli affidamenti diretti senza gara. Dimenticatevi la decrescita felice, Di Maio è obbligato a pompare di Pil il Paese per rendere sostenibili le misure economiche adottate. Confindustria chiede di offrire più cantieri all’Italia per combattere la recessione e dare una disponibilità di posti di lavoro per il reddito di cittadinanza che oggi non si vede. Di Maio è pronto alla sfida: la svolta annunciata a breve sarà preceduta a giorni dal piano delle infrastrutture su cui sta lavorando Toninelli. Il leader cercherà di concentrare l’attenzione soprattutto a Nord, che si troverà orfano della Tav, pure per far digerire un No che ormai sembra imminente. Anche se dalle parti di Palazzo Chigi si registrano le perplessità di Giuseppe Conte, più possibilista sull’Alta velocità, solo un referendum potrebbe salvare Di Maio dalla rivolta annunciata nel M5S in caso di ok all’opera.

Il piano di Toninelli, che anticipiamo, prevede: il completamento della Asti Cuneo (ma senza lo schema di proroga della concessione ai Gavio); i ponti sul fiume Po; il rafforzamento del polo aeroportuale Pisa-Firenze con nuovi collegamenti tra i due scali; il raddoppio della ferrovia Cremona Mantova, già nel contratto di Rfi. Ci sono poi le opere osteggiate per anni dai 5 Stelle, accolte per ragion di Stato. Il Terzo valico: Toninelli punterà sul trasporto su ferro fino al porto di Genova e sul retroporto di Alessandria. E ancora il Mose, in fase di completamento, e la Pedemontana. Su quella veneta il ministro si limiterà a gestire la convenzione. Confermato invece il no a quella lombarda: «Perché costa troppo e non è sostenibile». Il piano del ministro conterrà anche le opere a Sud, dove non esiste uno scheletro infrastrutturale adeguato. La contro-campagna su Tav di Di Maio sarà affidata all’Alta velocità Napoli-Bari, mentre dal ministero promettono di sbloccare i lavori per l’autostrada Ragusa-Catania e per la statale 106 jonica in Calabria. Così Di Maio anche sulle grandi opere spera in un reset, come fece quando portò il M5S fuori dai partiti euroscettici, dichiarando una ritrovata adesione alla moneta unica, nonostante le dichiarazioni del passato e un referendum andassero nella direzione opposta.

LA STAMPA

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