Dopo Bankitalia anche il Fmi taglia le stime, ora l’Italia zavorra l’economia mondiale
Argomentazioni che scatenano immediata la risposta del vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, che rispedisce al mittente: “Piuttosto è il Fmi che è una minaccia per l’economia mondiale, una storia di ricette economiche coronata da previsioni errate, pochi successi e molti disastri”.
Stando alle previsioni del Fondo, il Pil globale rallenta quest’anno di due decimali al 3,5 per cento, l’area euro dello 0,3 per cento a quota 1,6. La recessione, ha sottolineato il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, “non è ancora dietro l’angolo”, ma i rischi di “un calo repentino” della crescita globale sono aumentati.
Nell’aggiornamento presentato al Forum economico mondiale di Davos del tradizionale ‘outlook’ autunnale, il Fmi rileva inoltre che lo spread italiano è sceso rispetto al periodo più nero dello scontro sulla manovra, ma “che resta alto”. E aggiunge che “un prolungato periodo di differenziale alto potrebbe mettere sotto pressione le banche italiane, pesare sull’economia e peggiorare la dinamica del debito”.
Pesante anche la revisione per la Germania, che secondo gli economisti di Washington crescerà solo dell’1,3% ne 2019, dunque sei decimali in meno rispetto alle stime d’autunno. Tra i principali Paesi europei, Italia e Germania segnano il rallentamento più brusco. Il tutto, ammette il Fmi, al netto di un’ipotesi di Brexit disordinata, di un calo peggiore del previsto del Pil cinese ma anche del ritorno di tensioni sul commercio internazionale, che resta ipotecato dal neo protezionismo trumpiano. La Brexit disordinata potrebbe far crollare il Pil nel lungo termine “di 5-8 punti percentuali”, ha precisato Gopinath.
Interessante anche la Francia, meno colpita dalla correzione delle stime (1,5 per cento invece di 1,6) ma dove si può già riconoscere un riflesso negativo “delle proteste di piazza”, insomma un effetto-gilet-jaune. L’Italia è afflitta invece “dalla debolezza della domanda interna, dagli oneri più alti sul credito dovuti alle pressione ancora alte sui rendimenti dei titoli governativi”, mentre la Germania ha sofferto sia per i consumi e gli investimenti al palo sia per la nota revisione di alcune norme per le emissioni delle auto che hanno messo il freno all’industria trainante.
REP.IT
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