M5S, primi no sulle grandi opere. Rivolta in Calabria: “Tradimento”

Il focolaio calabrese

Il primo focolaio di rivolta dopo l’annuncio del piano Toninelli è in Calabria dove il Movimento è spaesato, spaccato, in contraddizione con se stesso. La contesa è sul Megalotto 3, un progetto di 1,3 miliardi investiti su 38 chilometri tra Sibari e il comune di Roseto Capo Spulico. Sono passati 15 anni dalla sua ideazione, ai tempi del governo Berlusconi, tra mille rinvii e ritardi autorizzativi da parte del Cipe, il comitato per la programmazione economica degli investimenti che fa capo a Palazzo Chigi. I cantieri sarebbero in procinto di partire. Il 22 dicembre Toninelli, in visita a Crotone, ha assicurato che l’opera si farà. Eppure lo scorso luglio, il senatore Nicola Morra, oggi a capo della commissione Antimafia, chiedeva di valutarne utilità e costi, anche alla luce dell’omicidio di un boss, il cui movente sarebbe da ricercare – secondo il grillino – proprio nel giro d’affari dell’opera. Lo ricorda Giuseppe Delia, anche lui di Raspa, l’associazione che ha ospitato un intervento di Morra sulla 106: «I 5 Stelle vampirizzano le istanze locali. Prima fanno campagna elettorale promettendo di bloccare un’opera, come Tap e Ilva, poi al governo dicono che è difficile fermarla. Se avessero studiato le carte non avrebbero illuso la gente».

Ambiente o lavoro?

I tempi cambiano in fretta. E i 5 Stelle hanno bisogno dei cantieri. La comunità locale è divisa. C’è chi è pronto a chiudere un occhio sull’impatto ambientale perché pensa che la strada porterà lavoro e sviluppo. Chi invece si batte per preservare territorio e paesaggio proponendo un’alternativa al progetto. Spiega De Paola, di Raspa: «Il piano del ministero prevede di costruire una strada più a monte parallela a quella esistente che a sua volta è parallela a un’altra sul mare. Una triplicazione indifferente al consumo del suolo, allo sfregio paesaggistico e delle colture». Un professore di Ingegneria di Reggio Calabria, Domenico Gattuso, ha proposto invece l’accostamento alla struttura già presente, una soluzione meno impattante e che comporterebbe, secondo i suoi calcoli, un risparmio di 500 milioni. Sarebbe da rifare l’appalto, con Astaldi a un passo dal fallimento che invece vuole iniziare i lavori, ma verrebbero preservate «le tipiche terrazze calabresi di alto valore biologico e agricolo» per le quali si batte Rinaldo Chidichimo, uno dei nomi più noti della zona, per anni direttore generale di Confagricoltura. Anche lui è rimasto stupito della retromarcia dei 5 Stelle. Oggi guida un comitato che ha inviato un dossier al ministro e una lettera a Marco Ponti, consulente No Tav di Toninelli, nella speranza di sensibilizzarlo attraverso le stesse argomentazioni usate da lui contro la Torino-Lione. Non c’è stata alcuna risposta. Anzi, quando è sceso in Calabria, Toninelli non ha ricevuto nessuna associazione o comitato. Tranne una. Quella che è intitolata “Basta vittime della 106” che invece vuole l’opera secondo il progetto esistente e fa presa su una fetta della base del M5S che promette lavoro e sicurezza contro gli altri attivisti che chiedono di non speculate sui morti. Perché tutti sono d’accordo che vada realizzata. Il problema è come.

LA STAMPA

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