Brexit, fuga per i traghetti e Sony ma spunta il cavillo che può annullarla
Il partito laburista ha ordinato alle sue truppe di schierarsi compatte a favore dell’emendamento Cooper: e considerata anche la pattuglia di conservatori filo-europei, il provvedimento ha tutte le chance di essere approvato. Il che aprirebbe realmente la strada al rinvio della Brexit.
Come reagisce il governo di Theresa May? La premier, dopo aver visto il suo piano sonoramente bocciato dal Parlamento, è impegnata a raccattare consensi in vista di una seconda votazione, che non è prevista prima della metà di febbraio. La May tuttavia si è rifiutata di presentare un piano B: spera ancora di riuscire a convincere i ribelli ad accettare una versione rimasticata del suo piano originale.
Ma l’emendamento Cooper per il rinvio della Brexit gioca paradossalmente a favore della premier. Che in queste ore va dicendo agli apostoli puri e duri dell’uscita dall’Europa: se non votate il mio piano, l’alternativa non è il no deal, ma piuttosto no Brexit. E gli euroscettici stanno cominciando a ripensarci: il loro alfiere, il deputato arci-reazionario Jacob Rees-Mogg , ha detto che forse è preferibile turarsi il naso e correre in soccorso della May. Meglio portare a casa una Brexit rabberciata che restare con un pugno di mosche.
Chi non aspetta, in questa incertezza, è il big business. I cui piani per parare i contraccolpi di un eventuale no deal stanno entrando nella fase operativa. P&O, la compagnia che opera i traghetti sulla Manica, ha ri-registrato tutti i battelli sotto bandiera cipriota. Sony ha annunciato lo spostamento del quartier generale da Londra ad Amsterdam. Airbus, che fabbrica in Galles le ali degli aerei, potrebbe trasferire la produzione in Europa. Bentley, la casa delle supercar, ha cominciato a fare scorte di componenti. E perfino Sir Dyson, il re degli aspirapolveri che pure era un sostenitore della Brexit, farà le valigie e traslocherà a Singapore. Si salvi chi può.
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