Landini schiera la Cgil: “Salvini e Di Maio non hanno mai lavorato”

È la prima volta, da quando esiste l’esecutivo giallo-verde, che appare sulla scena pubblica una personalità che abbia la tempra per fare la voce più grossa di quella del governo, di impegnarsi a fare quel “più uno”, che rappresenta una collaudata tecnica politica e sindacale. Una tecnica non da tutti: da mesi Pd e Forza Italia ogni sera ai Tg fanno la voce grossa ma senza risultati a guardare le intenzioni di voto, mentre Maurizio Landini ritiene di aver il “fisico” per essere credibile e per essere creduto.

E lo ha dimostrato nel suo discorso di insediamento, giocando su quello slang imperfetto e popolaresco che di solito gli viene naturale. Ad un certo punto ha detto: «Il problema in… quel Paese qui non è solo cercare lavoro». Molti hanno pensato ad una gaffe casuale, ma pochi minuti dopo Landini ha ripetuto: «in quel Paese qui…». Ma stavolta si è fermato: «Era una scommessa con Ivana, l’ho ridetto…».

Non deve essere una cosa studiata, ma proprio come Di Maio, con i suoi congiuntivi sbagliati, ha consentito a tanti giovani di identificarsi con un trentenne che ce l’ha fatta, ora anche l’ex operaio Landini sembra non disdegnare lo stesso “transfert”, da suscitare in tutti quei giovani che però puntano a lavorare rivendicando la dignità dei diritti e delle regole contrattuali.

Pur essendo Landini un sindacalista che ha sempre vagheggiato il primato del sindacato sul partito, i suoi primi gesti pubblici sono stati politici. Ha annunciato al congresso di aver partecipato ad un’assemblea dell’Anpi per «dire che la Resistenza contro il fascismo non è finita e deve continuare» e che si sarebbe recato al Cara di Bari-Palese, per dire che «la politica di accoglienza del governo è sbagliata, Salvini e la Lega ci stanno portando indietro». E quell’idea di occupare anche uno spazio politico, Landini l’ha espressa in uno dei passaggi più applauditi: «Noi siamo il sindacato del cambiamento! Noi siamo quelli che vogliono cambiare il Paese».

Certo, sinora Landini ha sempre esercitato il proprio carisma nella raccogliere e canalizzare il dissenso, ora si troverà a governare un’organizzazione complessa come la Cgil. Da questo punto di vista la giornata finale del congresso di Bari ha dimostrato quanto difficile sia il distacco di Susanna Camusso.

Dopo 9 anni di guida, la segretaria uscente aveva fatto organizzare una coreografia ad hoc per il suo commiato: due personaggi dello spettacolo a duettare con lei – Dario Vergassola e Neri Marcorè – una grande scritta stampata sul fondo azzurro «grazie Susanna» e ad un certo punto sono spuntati anche quattro signore con un pacchettino col fiocco rosso. Il nuovo leader ha chiesto a Camusso di restare in Cgil assumendo due deleghe, quella internazionale e quella di genere. Anche se ora i compagni più vicini a Landini sperano che il nuovo segretario possa esercitare pienamente il ruolo che ha ottenuto con una percentuale bulgara, quasi il 93% di consensi.

LA STAMPA

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