La politica che nega i dati reali dell’economia

Questa è un’accusa gravissima che nega decenni di storia di indipendenza di via Nazionale, un’istituzione anch’essa imperfetta ma una delle migliori di cui l’Italia si può vantare. Quando, il 31 gennaio, l’Istat (l’Istituto nazionale di statistica) riporterà dati non positivi, sarà anch’esso definito complice dell’opposizione? Minare la credibilità delle istituzioni è una strada pericolosissima.

La verità è che queste previsioni derivano da modelli econometrici (cioè statistici) con centinaia di equazioni, che basandosi sull’evidenza del passato prevedono come evolverà l’economia nel futuro. Previsioni a 2-3 anni spesso non sono un granché attendibili, ma quelle a 6 o 12 mesi lo sono. Ciò è vero soprattutto in periodi relativamente calmi, cioè non caratterizzati da grandi shock inattesi, ad esempio una guerra, una catastrofe naturale o una crisi finanziaria stile 2008, che gli economisti (anche loro imperfetti, noi in primis) non compresero in tempo.

Ovviamente ciò che prevedono i modelli dipende da come sono formulati. Ma ormai questi modelli sono tutti relativamente simili nella loro impostazione , con specificità che dipendono dalle caratteristiche del Paese studiato. Sono modelli «neo-keynesiani», cioè che incorporano molte delle intuizioni di Keynes, integrate da ciò che la ricerca economica ha imparato negli 80 anni successivi alla scomparsa del grande economista inglese. Tutti questi modelli — quello del Fondo monetario, dell’Ocse, della Banca d’Italia, ma anche di centri-studi privati prestigiosi, come Prometeia — prevedono andamenti molto simili per l’economia italiana, anzi alcuni con numeri un po’ più pessimistici di quelli della Banca d’Italia. Anche il governo ha un suo modello, gestito dal dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia, che produce previsioni analoghe. Forse sono anche loro complici dell’opposizione? Possibile, visti i furiosi attacchi contro i tecnici del Tesoro, quando producevano previsioni non incoraggianti sugli effetti delle proposte del governo gialloverde.

Se la recessione arriverà vedremo salire sul banco degli imputati la Germania, la Bce, la finanza internazionale. Sentiremo ripetere che l’aumento dei tassi di interesse prodotto dagli annunci del governo (poi realizzati solo in parte) non c’entra. Sentiremo ripetere che la recessione non ha nulla a che vedere con i comportamenti e le scelte di politica economica di questi ultimi mesi, con lo spread che hanno prodotto. La recessione sarà evitata o attenuata solo se le imprese che esportano e guardano all’estero riusciranno ancora a tenere a galla la nostra economia come hanno fatto in questi ultimi due-tre anni. Ma in questo caso ci diranno che il merito è del reddito di cittadinanza, di quota 100 e di avere ritardato o abolito la Tav. I cittadini si meriterebbero una politica che affronta la realtà invece di negarla.

CORRIERE.IT

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