L’ottimismo del governo dell’irrealtà

Ora, non si dice di girarsi a cercare la bara non appena si sente profumo di fiori. Però un governo che davanti ai dati (cifre, non articoli di pennivendoli) si fa i selfie sorridenti dicendo «Enjoy!» come Vacchi a bordo piscina tende ad imprimere una forte accelerazione al moto rotatorio delle gonadi degli italiani. E infatti sui social fioccano insulti al grido fieramente populista di «con l’ottimismo mica ci compro il pane».

E dunque, mentre tornano in mente gli strali contro Berlusconi che nel 2011 parlava di «ristoranti pieni», viene il sospetto che i Cinque stelle siano obbligati dai loro fallimenti a compiere un passo falso filosofico e comunicativo. Perché la loro innegabile presa su ampi e variegati strati del Paese si è sempre basata sull’atteggiamento fosco e millenaristico di Grillo. Il «vaffa», il rigurgito verso lo status quo, il «ricordati che devi morire». Gli elettori, come Troisi in Non ci resta che piangere, «se lo sono segnati» e li hanno seguiti in nome del pessimismo – se non cosmico – almeno nazionale.

Il grillino non si sente a suo agio nel mondo fatato dei Minipony che ora il governo gialloverde dell’irrealtà è obbligato a spacciare per non ammettere il disastro imminente. È cresciuto fra scie chimiche, minacciose Spectre mondiali, aziende farmaceutiche spietate. L’unica cosa su cui è ottimista è sul futuro del pessimismo. Per questo il «peace & love & crescita» del Movimento è una favola strabica raccontata al pubblico sbagliato. Perché l’ottimismo sarà pure il sapore della vita, ma se ti hanno fatto masticare bile per anni non lo sentirai mai.

IL GIORNALE

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