Effetto Tav in Piemonte: la Lega adesso è tentata di correre da sola

FEDERICO CAPURSO alessandro mondo torino

«I treni che viaggiano meglio e veloci tolgono i tir dalle strade, sono per un’Italia che va avanti», ribadisce Salvini. «L’opera non si farà, io tiro dritto», ribadisce Di Maio. In attesa di stabilire il destino della Tav, gli unici treni in rotta di collisione politica sono quelli guidati dai due vicepremier: entrambi in Abruzzo per arringare le piazze, entrambi protagonisti di una giornata all’insegna di accelerate e frenate. Muscolare Di Maio: «Il tema non è il ridimensionamento dell’opera, è una supercazzola». Pacato e ironico Salvini: «Di Battista ha detto che non devo rompergli i coglioni? Mando pane e Nutella anche a lui. O un Bacio Perugina, ma potei essere frainteso. E’ bel ragazzo…». Tutti e due consapevoli che la Torino-Lione, una mina con la miccia sempre più corta, rischia di far saltare il governo, che bisogna traccheggiare almeno fino alle europee, e per questo attenti a non fare il passo più lungo della gamba.

Non a caso, il leader della Lega ripete che alla fine si troverà un’intesa: «Io non litigo con nessuno». Salvo aggiungere: «Se qualcuno ha scavato 25 chilometri di galleria è più utile finirla o lasciarla così? Per capirlo non serve una laurea al Politecnico». Mentre quello del M5s separa la Tav dal voto sul caso «Diciotti»: « Per carità, noi non ragioniamo così, chi ha messo in mezzo questa cosa ragiona con la logica dello scambio». «Sul No alla Tav non si può tornare indietro, bisogna andare avanti rispetto a ciò che si è detto nel contratto», ammonisce il presidente della Camera Roberto Fico.

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